Soglie: stati non ordinari di coscienza – “Sicurezza e terrore sono incompatibili” (Van der Kolk, 2015)

Stati non ordinari di coscienza

Ho trovato molto interessante leggere Schiudere soglie di Piero Coppo e Laura Girelli (Coppo e Girelli, 2013), dove vengono passati in rassegna i dispositivi tecnici, tradizionali e non, deputati ad esplorare i cosiddetti stati non ordinari di coscienza.

stati non ordinari di coscienza
Schiudere soglie

Generalmente si dà a queste esperienze una connotazione negativa, venendo considerate come una cosa spiacevole da reprimere e, soprattutto, da non condividere con gli altri, in quanto segno di debolezza e stranezza. Ciò rende difficile considerarle non solo come legittime all’interno del panorama della salute mentale, ma addirittura desiderabili da qualcuno che si trovi sulla via della ricerca.

Mi ha perciò molto sorpresa scoprirne un possibile uso intenzionale, come parte di un dispositivo tecnico che abbia l’obiettivo specifico di rispondere ad un bisogno umano, quello di raggiungere un altrove.

Stati non ordinari di coscienza: una questione di contesto

Mi domando però quanto influisca, sulla percezione soggettiva della negatività degli eventi, la reazione degli altri attorno alla persona e a questa “emergenza”. Penso alla teoria polivagale di Porges e alla “influenza reciproca tra le esperienze viscerali del nostro corpo e le voci e i visi delle persone intorno a noi” (Van der Kolk, 2015). Provo ad immaginarmi come sarebbe se, a parità di sensazioni sperimentate, chi è presente riuscisse ad accompagnare la persona attraverso questa esperienza dolcemente e senza allarme, con quel fare senza fare decritto come “la misura tra un’empatia attenta e la distanza che consente all’altro di andare per la sua strada” (Coppo e Girelli, 2013).

Al contrario, provo ad immaginarmi cosa succederebbe se, all’interno di un setting di terapia psicolitica o di respirazione olotropica (ibidem), gli addetti a mantenere la situazione in sicurezza si spaventassero talmente tanto da perdere il controllo: verrebbe meno l’impianto tecnico (e teorico) e sarebbe un disastro, le persone si troverebbero a gestire senza guida e senza strumenti una situazione potenzialmente molto rischiosa. Il rischio è quello di non ritrovare da soli la via di casa e perdersi in un limbo senza fine. Ho spesso pensato che il brano di Francesco de Gregori Il canto delle sirene parlasse proprio di questo:

“Non sarà il canto delle sirene, nel girone terrestre

a insegnarci quale il ritorno attraverso le tempeste

quando la bussola si incanta, quando si pianta il motore (…)

Non sarà il canto delle sirene, che ci addormenterà.

Lo abbiamo sentito bene, lo abbiamo sentito già.

Ma sarà il coro delle nostre donne, da una spiaggia di sassi.

Sarà la voce delle nostre donne a guidare i nostri passi,

i nostri passi nel vento.”

Qui c’è anche tutta l’importanza della corporeità e della relazione: non è la luce del faro a richiamare a terra i marinai dispersi nella tempesta, ma è la voce delle donne, delle loro donne.

La presenza si fa corpo

Voce e sguardo sono, per il filosofo Byung-Chul Han, requisiti fondamentali perché si realizzi una vera comunicazione: la presenza si deve fare corpo. Nel mondo occidentale ipermoderno le relazioni umane sono sempre più mediate da apparecchi tecnologici; ma lo schermo di un computer e lo smartphone non hanno corpo, e la comunicazione che ne deriva è spersonalizzata. Persino la resistenza fisica che le cose, gli oggetti concreti, ci oppongono ci fanno sentire il nostro corpo; corpo che invece svanisce nell’era digitale (Han, 2017).

Anche Van der Kolk insiste molto sull’importanza del corpo, in relazione al trattamento del disturbo post-traumatico da stress. Propone infatti la “terapia del sistema limbico” (Van der Kolk, 2015), che ha come obiettivo quello di riequilibrare il rapporto tra impulsi bottom-up e top-down, tra cervello emotivo e cervello razionale (secondo il modello del cervello trino), e l’utilizzo in terapia di ritmo, suono, respirazione e movimento, per far vivere un’ “esperienza viscerale di reciprocità” (ibidem), partendo dal presupposto che “il trauma è il risultato di una rottura nella sincronia della sintonizzazione fisica” (ibidem).

Corpo e ipormodernità neoliberista

Nell’ipermodernità neoliberistica anche il corpo deve essere ottimizzato, secondo canoni estetici e sanitari, per l’esigenza produttiva di essere sempre efficienti; si ha la pretesa di non ammalarsi, non morire mai, trascinandoci in una vera e propria “isteria della salute” (Han, 2017).

Un altro elemento su cui riflettere è l’importanza cruciale del punto di intersezione tra le esperienze personali del singolo individuo e il contesto sociale in cui vive. Come sono interpretati gli stessi episodi in altri panorami culturali? Che significato hanno e che azioni collettive generano? Sono letti come un segno di malattia (curabile o inguaribile?), o come qualcosa di pericoloso e motivo di allontanamento dalla comunità,  o come dono da coltivare e incentivare?

Byung-Chul Han in L’espulsione dell’Altro riferisce il pensiero di Alain Ehernberg: nella società contemporanea la “crisi” non è contemplata come possibilità, sono banditi il conflitto e i sentimenti negativi, in nome della produttività. In questo modo la persona è equiparata alla macchina, o funziona perfettamente o è da buttare, se non è in grado di adattarsi al sistema viene espulso: ciò che non può essere digerito viene vomitato.

A questo proposito ho trovato interessanti le riflessioni di Roberto Quaglia sulle espressioni, nella società occidentale, del dissenso: i modelli stereotipati sono forniti dai prodotti cinematografici (per esempio attraverso film come Matrix o V per Vendetta) che propongono l’unica forma accettabile di devianza dal sistema, reintegrandola in esso attraverso un prodotto di consumo (Quaglia, 2017).

La soglia come incontro dell’Altro

Byung-Chul Han si riferisce alla soglia come al luogo di incontro con il “totalmente Altro” (Han, 2017); l’angoscia che deriva dall’impossibilità di comprendere e dal non sentirsi a casa permette di aprirsi alla verità dell’incontro con l’ignoto, accedendo tramite una sorta di morte alla conoscenza ed alla trasformazione: “lo spavento ci libera” (ibidem).

E’ dunque possibile ed auspicabile dare una forma “commestibile” a queste esplorazioni, oltre che legittimarle e anzi valorizzarle come ricerca salutare di interezza, senza giudizio né patologizzazione. L’obiettivo è quello di trovare un modo di integrare queste esperienze nella vita di tutti i giorni, nutrendola e arricchendola in benessere e creatività, tenendo presente le parole del fisico John Wheeler:

“We live on an island surrounded by a sea of ignorance.

As our island of knowledge grows, so does the shore of our ignorance.”

Altri procedono con la ricerca su altre strade; ad esempio Van der Kolk, ne Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche, riporta gli studi effettuati nel 2000 da Mithoefer e colleghi sull’utilizzo di MDMA (ecstasy), nel trattamento del PTSD, in associazione alla psicoterapia. L’ipotesi degli autori era che l’MDMA, aumentando la consapevolezza di sé e diminuendo la paura e l’ottundimento, potesse facilitare l’accesso all’esperienza interiore, permettendo di osservare il trauma da uno stato di calma e integrarlo nella storia di vita come ricordo. L’esperimento ha mostrato effetti positivi e duraturi, senza effetti collaterali negativi (Van der Kolk, 2015).

Prosegue in Il confine con l’alterità – “Amor mi mosse, che mi fa parlare” (Dante Alighieri)

Il presente articolo è riproducibile, in parte o in toto, esclusivamente citando autore e fonte

(Silvia Noris – www.silvianoris.it)

 

BIBLIOGRAFIA

  • Coppo, P. e Girelli, L. (2013). Schiudere soglie. Vie per la salute e la conoscenza. Paderno Dugnano (MI): Edizioni Colibrì
  • Han, B. (2017). L’espulsione dell’Altro. Milano: Nottetempo
  • Quaglia, R. (2017). Il fondamentalismo hollywoodista. Viaggio in Iran alla scoperta dell’invisibile ideologia dell’Occidente. Emission Impossible
  • Van der Kolk, B. (2015). Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche. Milano: Raffaello Cortina Editore

FILMOGRAFIA

  • Matrix (1999). Regia di Andy e Larry Wachowsky
  • V per vendetta (2005). Regia di James McTeigue

DISCOGRAFIA

  • Il canto delle sirene (1987, in Terre di Nessuno). Francesco de Gregori

Lascia un commento