Il tema della credenza in etnopsichiatria

La credenza in etnopsichiatria

Dal momento che i sistemi di pensiero sono inscindibilmente legati ai sistemi linguistici che li sorreggono, per riflettere sul tema della credenza in etnopsichiatria, mi pare importante partire dall’osservazione dei diversi significati che dal punto di vista linguistico il termine credenza può assumere:

-Credenza come Opinione

Opinione che non presuppone una dimostrazione rigorosa e si contrappone a certezza; si tratta cioè di qualcosa ritenuto vero/probabile/giusto.

In senso gnoseologico corrisponde alla δόξα greca, “quella forma di conoscenza che, basandosi sull’opinione soggettiva, non possiede la certezza obiettiva della verità. Il concetto di d. entra nel pensiero greco, più che a sottolineare scetticamente il carattere relativistico del conoscere, per suggerire dialetticamente l’esistenza di quella vera conoscenza (ἐπιστήμη) che costituisce il fondamento delle varie dòxai. In questo significato positivo e dialettico, la storia del termine è la storia stessa della scienza nella sua pretesa di assolutezza e di universalità, al di sopra e al di là delle opinioni” (http://www.treccani.it/enciclopedia/doxa/).

In questa accezione dunque il termine credenza ha come suo contrario “dimostrato scientificamente”; sappiamo bene quanto questo concetto sia basilare nel sistema di pensiero occidentale odierno.

-Credenza come tradizione

Tradizione, intesa come complesso di convinzioni di un dato popolo in un dato periodo storico; in questa accezione, e spesso nel senso comune, è sinonimo di superstizione. Interessante quindi la definizione di superstizione dell’Enciclopedia Treccani, che riporto integralmente:

“Il fatto di avere credenze e compiere pratiche che, nella valutazione della cultura e delle religioni superiori, ufficiali e dominanti, sono ritenute frutto di errore e d’ignoranza, di convinzioni e istituzioni inferiori e sorpassate. Riguardo alle origini delle s. nell’ambiente di una determinata religione, in generale si può dire che la s. risponde a esigenze che non trovano soddisfazione nell’ambito della religione dominante (per es., le esigenze di religiosità soggettiva in una religione prevalentemente preoccupata dello Stato, o le esigenze di immediata protezione in una religione che svaluta il benessere terreno rispetto a una vita futura ecc.).

Molto spesso si tratta di esigenze sopravvissute da una fase anteriore alla formazione della religione ufficiale e questo spiega come la s. abbia quasi sempre un carattere culturalmente arretrato e inferiore. Per la stessa ragione, mentre ogni religione è un tutto organico, le s. che sopravvivono da civiltà anteriori e ormai disintegrate sono atteggiamenti isolati e fossilizzati, privi di un vero senso religioso. Nel mondo culturale odierno, bisogna distinguere la concezione dottrinale della s. secondo l’insegnamento della religione ufficiale e la fenomenologia storica delle s. esistenti.” (http://www.treccani.it/enciclopedia/superstizione/  corsivo e grassetto miei)

Superstizione e Chiesa

“Per la Chiesa cattolica la s. comprende ogni atto di culto falso e superfluo, per es., di reliquie non ufficialmente riconosciute, le preghiere a fini illeciti ecc., i riti celebrati in privato, la divinazione (distinta dal vaticinio ispirato), la magia (per es., uso di talismani, distinti dagli oggetti benedetti) ecc.

La Chiesa combatte le s. sin dalle sue origini, ma di fronte a certe s. troppo radicate nella tradizione popolare ha adottato un metodo diverso, assecondandole formalmente, ma assorbendole, mediante una reintegrazione sostanziale, nella propria pratica; quest’atteggiamento si manifesta non soltanto nei riguardi di riti campestri (per es., processione intorno al campo per la fertilità, riti per la pioggia) o di forme di devozione popolare pagana (per es., l’uso di ex voto), ma fin nella conservazione dei luoghi sacri e delle feste della religione pagana.” (http://www.treccani.it/enciclopedia/superstizione/  corsivo e grassetto miei)

Superstizione nelle religioni animiste

“Dal punto di vista fenomenologico si distingue tra le s. a seconda della forma di religione da cui traggono origine. A prescindere da ogni concezione evoluzionistica della successione di diverse forme di religione, si può constatare che a tutt’oggi sopravvivono s. che rispondono a una forma animistica della religione (per es., la credenza di geni, spiriti, demonietti, fate, che interverrebbero negli affari spiccioli della vita quotidiana e di fronte ai quali sarebbe necessario osservare un comportamento particolare), altre in cui domina un orientamento magico (come nelle fatture, o nei riti di propiziazione, per es., per l’inaugurazione di una nuova casa ecc., o nell’attribuire facoltà particolari a determinate persone, indovini, guaritori, streghe ecc.).

Le s. relative ai sogni, ai numeri speciali, a certe materie ecc. sono spesso residui di concetti una volta organicamente appartenuti a religioni più antiche.” (http://www.treccani.it/enciclopedia/superstizione/  corsivo e grassetto miei)

Superstizione di classe

“Un tipo particolare di s. è la cosiddetta s. di classe, cioè le s. in vigore presso determinate classi sociali (per es., cacciatori, pastori, contadini ecc.): anche le loro origini sono per lo più antichissime e religiose (alcune s. di cacciatori nell’Europa moderna hanno riscontri precisi con usanze religiose dei più primitivi popoli di cacciatori, nella cui religione esse s’inquadrano)” (http://www.treccani.it/enciclopedia/superstizione/  corsivo e grassetto miei).

Secondo questa definizione quindi la superstizione è il sistema di credenza minoritario rispetto alla visione maggioritaria e dominante a livello socio-culturale, che viene da quest’ultima delegittimato e depotenziato attraverso un processo disgregativo da sistema coerente (di pensieri e di azioni) a singoli elementi slegati.

-Credenza come fede

Fede, in ambito strettamente religioso. Sempre secondo l’Enciclopedia Treccani la religione è appunto un “complesso di credenze, sentimenti, riti che legano un individuo o un gruppo umano con ciò che esso ritiene sacro, in particolare con la divinità, oppure il complesso dei dogmi, dei precetti, dei riti che costituiscono un dato culto religioso.

Il concetto di r. non è definibile astrattamente, cioè al di fuori di una posizione culturale storicamente determinata e di un riferimento a determinate formazioni storiche. Il termine viene dal lat. religio, parola di discussa etimologia, con cui gli antichi Romani indicavano un tipo di atteggiamento di fronte a determinate cose (per es., tombe o genitori); malgrado i caratteri specifici del concetto romano di religio (religiosum, in latino, è distinto da sacrum), con il cristianesimo il termine si è esteso a tutto quanto riguardava il rapporto dell’uomo con Dio. Da questo concetto d’origine cristiana della r. si è svolto quello della r. in generale.

Religione storicamente determinata

L’origine storica del concetto ha per lungo tempo impedito un’adeguata comprensione di quelle formazioni culturali che comunemente si chiamano r. e che sono di origini particolari e diverse: non è necessario infatti che una r. implichi un concetto di Dio, abbia articoli di fede, comprenda azioni di culto, né forme di carattere morale; come massimo comune denominatore di ogni complesso chiamato r. si può ritenere il rapporto di un gruppo umano con ciò che esso ritiene ‘sacro’, tenendo tuttavia presente che anche quest’ultimo concetto è indefinibile e storicamente condizionato.

[…] La r. si presenta inscindibilmente intessuta nella totalità degli aspetti della civiltà umana. Istituzioni politiche e sociali (come, per es., la regalità o la famiglia), economiche (caccia, agricoltura, mestieri vari), arti, tecniche, costumi, hanno immancabilmente addentellati storici, quando non addirittura le radici stesse, nella r.; anche la visione della natura, dell’ambiente, della storia, presso i singoli popoli, è raramente priva di nessi con idee religiose.

Gli studi storico-religiosi

In una visione d’insieme, limitandosi all’orizzonte culturale europeo, si può dire che gli inizi degli studi storico-religiosi risalgono alla civiltà greca arcaica. La r. diventa oggetto di riflessione per chi non la vive più spontaneamente: così i primi pensatori greci trovano inconciliabili miti e culti con i criteri razionali e morali del pensiero. Contemporaneamente i primi storiografi viaggiatori (Ecateo di Mileto, Erodoto) vengono a conoscere le r. di altri popoli e intuiscono la relatività delle forme religiose.

Con Aristotele e la sua scuola si hanno i primi studi sistematici sulle varie religioni. La critica filosofica delle tradizioni religiose e il confronto di r. differenti pone il problema dell’origine delle r., mentre la tendenza dei pensatori a purificare l’idea della divinità da ogni elemento antropomorfico suggerisce di considerare gli dei delle credenze popolari come demoni minori, intermediari tra la vera divinità e gli uomini. Il primo cristianesimo accoglie volentieri queste teorie, in cui trova armi utili per combattere il paganesimo: allegorie, o personaggi umani o demoni, gli dei pagani non sono dei.” (http://www.treccani.it/enciclopedia/religione/ corsivo e grassetti miei)

Teoria dell’evoluzionismo delle società

“Al 18° sec. risalgono anche le origini di quell’evoluzionismo che dovrà dominare il campo degli studi storico-religiosi per un intero secolo: D. Hume è il primo a sostenere che il politeismo, appunto in quanto più primitivo del monoteismo, è più antico di quest’ultimo, che rappresenterebbe un progresso della mente umana. La prima metà del 19° sec. porta a una maturazione progressiva degli studi […]. La base teorica di questo nuovo indirizzo è l’evoluzionismo, secondo cui l’intero genere umano percorrerebbe una linea unica di progresso, segnato da tappe successive, che si possono determinare nell’animismo, nel politeismo e nel monoteismo.

Successivamente anche questo modo di vedere viene superato, soprattutto per l’apporto degli etnologi, che, sul finire del 19° sec. e nei primi anni del 20° sec., al posto di uno schema unico di evoluzione, introducono la distinzione di cicli storico-culturali qualitativamente differenti (L. Frobenius, F. Graebner, B. Ankermann, W. Schmidt). Con ciò i ‘primitivi’ cessano di essere considerati come un grado basso dell’evoluzione lineare e l’interesse degli etnologi, anche dal punto di vista della r., si rivolge piuttosto al carattere qualitativo della mentalità dei popoli primitivi (H. Lévy-Bruhl) http://www.treccani.it/enciclopedia/religione/ (corsivo e grassetti miei).

La religione in Occidente

Secondo questa definizione quindi la credenza non è altro che una religione caduta in disgrazia, una religione in cui non si crede (cioè la religione degli altri), delegittimata per delegittimare la civiltà cui appartiene. Il concetto di credenza nasce nel pensiero greco antico, al tempo della biforcazione tra religione e filosofia, su cui poggia tutto il nostro sistema di pensiero basato sulla razionalità. Gli studi del 1900 in questo senso pare non si siano ancora depositati sopra questa base; sicuramente non fanno parte del bagaglio del senso comune che ci appartiene e che ci agisce.

E’ importante a mio avviso ricordare come In Italia la religione di Stato venga abolita solo nel 1984, coi Patti Lateranensi; fino ad allora, “la legittimità costituzionale del regime di speciale tutela riconosciuto alla r. cattolica rispetto agli altri culti è stata d’altra parte giustificata, pur nella individuazione del sentimento religioso come oggetto di tutela penale, con la sua persistente rilevanza in ragione dell’antica, ininterrotta tradizione del popolo italiano, la quasi totalità del quale a essa appartiene” (ibidem, corsivo e grassetto miei).

In seguito, con la sentenza 329/1997, la Corte Costituzionale “ha rilevato che, nella visione costituzionale attuale, non può più riconoscersi alla Chiesa e alle r. cattoliche un valore politico, quale fattore di unità morale della nazione, e ha sottolineato che, con il principio costituzionale della laicità e non confessionalità dello Stato, la protezione del sentimento religioso è divenuta un corollario del diritto costituzionale di libertà di r., corollario che deve, naturalmente, abbracciare allo stesso modo l’esperienza religiosa di tutti coloro che la vivono, nella sua dimensione individuale e comunitaria, indipendentemente dai differenti contenuti di fede delle diverse confessioni” (ibidem, corsivo e grassetto miei).

-Credenza come fiducia

Fiducia, nel senso appunto di dare credito; lo stesso significato letterale di creditore è in diverse lingue quello di colui che crede, colui che cioè ha fiducia che il denaro prestato gli verrà restituito. E’ interessante a questo proposito fare notare quale sia l’origine di un altro significato di credenza, quello di mobile della sala da pranzo.

La denominazione di questa sorta di cassettone trae infatti origine dal fatto che anticamente, in occasione di ricevimenti con invitati nobili e prestigiosi, il padrone di casa offrisse il cosiddetto servizio di credenza, che consisteva nell’assaggio di tutti i cibi (appoggiati appunto sul mobile della sala da pranzo) da parte di un assaggiatore che poi rimaneva presente in sala, a dimostrare che le pietanze non erano avvelenate. Da qui la locuzione fare la credenza, nel significato di “dimostrare di meritare fiducia”. Sempre in questa accezione, nei comuni medievali il consiglio di credenza era il gruppo di consiglieri di fiducia dei governanti.

il tema della credenza in etnopsichiatria
Foto di slightly_different da Pixabay

 

E la credenza in etnopsichiatria?

Ricapitolando e seguendo il filo tracciato finora, il contrario di credenza qual è? Cristianesimo o scienza? In entrambi i casi si tratta di qualcosa che ci riguarda intimamente, che ci riguarda tutti. Insomma, la credenza è una questione di fiducia, la fiducia che le nostre di credenze siano migliori di quelle degli altri; d’altra parte questa è l’idea su cui si basa gran parte della nostra storia. Il “Ne resterà soltanto uno!” del celebre film Highlander (1986, regia di Russell Mulcahy) significa fare fuori, tutt’altro che metaforicamente, gli altri (persone o sistemi di pensiero non cambia nulla), per poi poter consigliare indisturbati (solo nel film?) i potenti del mondo.

Capitalismo, monoteismo, scienza

Quindi: capitalismo sul piano economico, monoteismo sul piano religioso, scienza sul piano gnoseologico.  Poiché

“da quando esistono quelle che si chiamano le scienze moderne, ogni sapere, ogni pratica che si vogliano razionali devono situarsi rispetto a questo punto di riferimento. […] I bianchi, in genere, ritengono che esistano due tipi di società: quelle in cui il pensare prevale sul credere e quelle in cui il credere prevale sul pensare. Naturalmente la società dei bianchi appartiene al primo tipo. […] Facendo funzionare questo sistema, ritengono di non fare altro che pensare, e ciò facendo squalificano ogni altro tipo di pensiero, […] i bianchi pensano di pensare. Pensano anche che l’unico modo di pensare sia il loro […] ne concludono che gli altri credono” (Nathan e Stengers, 1996).

Una cultura monofasica

Tutto quanto sopra esposto va di pari passo al processo che ha portato alla conformazione di quelle che Laura Girelli ha definito “culture monofasiche”, nelle quali è previsto un solo stato ordinario di coscienza:

“sono le culture occidentali che nel corso del tempo e sotto l’influenza congiunta del Cristianesimo e del pensiero tecnico-scientifico, si sono strutturate come sostanzialmente «monofasiche», selezionando via via lo ‘stato ordinario’ come l’unico accreditato a fornire una registrazione significativa della realtà. Lo spazio, il tempo, la percezione di sé, il senso di identità avvertiti nello stato base diventano così parametri di  normalità e principi di verità assoluta.” (Coppo e Girelli, 2013)

Le miei conclusioni

Per concludere, possiamo affermare che il concetto di credenza è un attaccamento fondamentale all’interno della cultura occidentale, che nasce dall’incontro tra la cultura greca antica e il cristianesimo e, in quanto tale, non può essere superficialmente liquidato se non a costo di permettergli di lavorare in profondità avendolo disconosciuto razionalmente. Al tempo stesso, si tratta di una reiterazione dell’approccio imperialista e colonialista tipico dell’occidente, fondato sulla violenza e l’eliminazione dell’altro (alla faccia della democrazia), con cui dobbiamo fare i conti e che va riconosciuto, per non correre il rischio di scotomizzare aspetti importanti del nostro sistema di pensiero.

Propongo perciò che il tema della credenza venga affrontato, in ambito clinico, come un elemento che innesca un contro-transfert culturale; come tutti i contro-transfert, va riconosciuto e utilizzato in senso terapeutico, con il grande allenamento del decentramento culturale.

Il presente articolo è riproducibile, in parte o in toto, esclusivamente citando autore e fonte

(Silvia Noris – www.silvianoris.it)

 

BIBLIOGRAFIA

  • Coppo, P. e Girelli, L. (2013) Schiudere soglie. Paderno Dugnano (Mi): Edizioni Colibrì
  • Nathan, T. e Stengers, I. (1996). Medici e stregoni. Torino: Bollati Boringhieri editore

FILMOGRAFIA

  • “Highlander” (1986). Regia di Russell Mulcahy

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