Per leggere l’intero lavoro “Il ruolo della comunicazione chimica nella sessualità umana” consultate l’indice della mia tesi di laurea. Segue da “Parte seconda. Capitolo 2: I feromoni nell’ottica della selezione sessuale”
PARTE SECONDA. CAPITOLO 3: I FEROMONI E IL SISTEMA IMMUNITARIO
3.1 DEFINIZIONE E FUNZIONI DELL’MHC
La sigla MHC sta per ‘complesso maggiore di istocompatibilità (Major Histocompatibility Complex) e si riferisce ad una regione di geni altamente polimorfici, che giocano un ruolo centrale nel meccanismo di risposta immunitaria ad antigeni proteici.
I prodotti di questi geni sono infatti un gruppo di glicoproteine, intrinseche di membrana, responsabili del riconoscimento del “sé” e del “non sé”, che rendono riconoscibili i peptidi antigenici ai linfociti T.
I termini antigeni maggiori di istocompatibilità e complesso dei geni del sistema maggiore di istocompatibilità si riferiscono rispettivamente ai prodotti genici e ai geni di tale regione cromosomica.
Nella popolazione esistono diverse varianti alleliche del MHC, ognuna delle quali può avere una diversa capacità di legare e presentare determinati antigeni proteici; se un peptide non si lega a nessun antigene di istocompatibilità, le cellule T non possono rispondere ad esso, dato che riconoscono antigeni solo se esposti sulla superficie di un’altra cellula
L’MHC è situato nel braccio corto del cromosoma 6 ed i suoi geni sono codominanti, vengono cioè espressi i prodotti proteici sia di un cromosoma che dell’altro.
Ogni individuo possiede perciò un patrimonio di molecole MHC, detto aplotipo, che sono derivate metà dal padre e metà dalla madre.
Nell’uomo i prodotti dei loci genici dell’MHC prendono il nome di HLA (Human Leucocyte Antigens): l’acronimo HLA rappresenta infatti l’omologo, per l’uomo, di MHC.
Il sistema HLA è il sistema genico più polimorfo finora identificato nell’uomo.
Poiché nel corredo genico individuale i cromosomi sono presenti in coppia, ciascun soggetto possiede 6 antigeni HLA (HLA-A, HLA-B, HLA-C), avendone ereditati 3 da ciascun genitore.
Per ereditarietà mendeliana semplice, 1/4 della prole avrà aplotipi identici, 1/2 condividerà un aplotipo e il rimanente quarto sarà completamente incompatibile, anche se occasionalmente può verificarsi una ricombinazione nelle cellule germinali di un genitore, che dà origine ad un aplotipo alterato nella progenie.
Nell’uomo alcuni alleli HLA sono più frequenti di altri; esiste infatti una pressione selettiva che nel corso dell’evoluzione ha determinato un’aumentata frequenza di alcuni alleli HLA, al di fuori dell’equilibrio di Hardy-Weinberg. La legge della conservazione della variabilità genetica descrive come le frequenze alleliche riferibili ad un certo locus rimangono costanti da una generazione all’altra (se la popolazione è costituita da un numero elevato di individui che si accoppiano casualmente tra loro e se non ci sono fattori evolutivi operanti).
Il vantaggio evolutivo del polimorfismo e del poligenismo risiede nel fatto che in questo modo è maggiore la possibilità di avere combinazioni diverse di alleli, che possono presentare in maniera ottimale un determinato antigene, quindi di poter presentare ai linfociti T il maggior numero di peptidi diversi.
Non tutti i geni coinvolti nella regolazione della risposta immunitaria si trovano nella regione MHC, è tuttavia noto che la maggior parte delle malattie infiammatorie umane, nelle quali si ipotizza una patogenesi autoimmunitaria, sono in qualche modo regolate dall’HLA.
Essendo ormai noto che l’esteso polimorfismo dei geni MHC è direttamente correlato alla capacità di determinati antigeni di legare specifiche sequenze peptidiche, la principale funzione biologica di tale polimorfismo sembra essere quella di garantire la sopravvivenza della specie in presenza di un’estesa varietà di agenti infettivi presenti nell’ambiente. Il polimorfismo del sistema HLA assicura che vi siano sempre fasce della popolazione in grado di riconoscere agenti patogeni come estranei, dando in tal modo inizio ad una risposta immunitaria adeguata.
Non è tuttora noto quale sia il ruolo che gli agenti MHC possiedono nel controllo della risposta immunitaria nei confronti dei tumori, e se tale controllo contribuisca alla sopravvivenza della specie in senso evolutivo.

3.2 SCELTA DEL PARTNER E MHC
E’ stata proposta, da alcuni ricercatori, una capacità di stima individuale del sistema immunitario dei potenziali partners attraverso la percezione dell’odore prodotto dalle ghiandole sudoripare. Una possibilità è che singoli individui possano avere odori differenti a causa della diversa flora batterica, il che potrebbe riflettere differenze nella costituzione genetica del sistema immunitario (Howard, 1977).
Come si possano individuare i diversi profili MHC attraverso odori corporei è tuttora un mistero; non è infatti chiaro se le differenze tra i vari odori siano dovute direttamente al MHC o ai diversi batteri che vivono sulla pelle degli animali. Quello che risulta invece chiaro è che esiste effettivamente una sensibilità a queste differenze. E’ dunque possibile che le ghiandole ascellari umane si siano evolute in modo da fornire informazioni olfattive riferite al sistema immunitario, con l’ipotesi che ciò serva a generare una prole con un più ampio spettro di resistenza immunitaria.
Ad ogni modo, esistono divergenze riguardo alla possibilità o meno di considerare questo genere di informazioni olfattive come veri e propri feromoni. Alcuni ricercatori, infatti, sostengono che il fatto che non vengano stimolate reazioni specifiche, come dichiarato nella definizione del termine, sia sufficiente per escluderne un ruolo feromonale; altri, invece, li considerano a tutti gli effetti come esempi di feromoni, nonostante questa deviazione dalla definizione originaria.
Un simile sistema è stato individuato nei topi di laboratorio in numerosi esperimenti: i topi evitano partners che possiedono un MHC simile al proprio (Jordan e Bruford, 1998) e, nei test di scelta, preferiscono l’odore di loro conspecifici con un MHC differente dal loro (Penn e Potts, 1998). Mediante la selezione di partner con diverso odore dal proprio, i topi raggiungerebbero la diversità genetica del sistema immunitario nella loro prole; generando una progenie con un più ampio spettro di resistenza immunitaria si ottiene quindi un aumento della resistenza collettiva alle malattie.
In altri studi (Reusch et al., 2001; Milinski, 2003) è stato dimostrato che anche le femmine di altre specie, come lo spiranello, preferiscono l’odore dei maschi con un MHC maggiormente diverso dal proprio.
Secondo il genetista di popolazione Reusch, del Max Planck Insitute for Limnology di Plon, lo stesso meccanismo potrebbe essere valido anche per gli esseri umani: come altri animali, anche l’uomo utilizza informazioni sul sistema immunitario, ottenute tramite l’odorato, per evitare l’accoppiamento con consanguinei e per scegliere il partner che potenzialmente darà alla prole una maggiore resistenza alle malattie.
In effetti, simili pressioni evolutive sembrano favorire, negli esseri umani, pattern di HLA dissimili: le coppie con HLA simile, tipicamente hanno bambini con peso alla nascita inferiore alla media (Reznikoff-Etievar et al., 1991) e le coppie che soffrono di frequenti aborti spontanei spesso condividono simili pattern HLA (Beer, 1985; Wedekind et al., 1995; Weetman, 1999; Ober, 1988).
Esistono prove evidenti che gli esseri umani possono ottenere queste informazioni attraverso l’olfatto, come fanno altri animali: sia gli uomini che le donne preferiscono l’odore ascellare di persone il cui HLA è dissimile dal proprio (Wedekind et al., 1995; Wedekind e Furi, 1997).
In uno studio ormai famoso (Wedekind et al., 1995) ad un campione di donne vennero fatti annusare indumenti indossati da vari donatori maschi e venne loro chiesto con quale avrebbero preferito passare le ore successive. I risultati mostrarono come nel periodo dell’ovulazione le donne preferissero nettamente soggetti con HLA diversi dal proprio; negli altri giorni del ciclo, invece, la preferenza era per soggetti con geni simili ai propri. Nelle risposte ai questionari che accompagnavano il test, le donne riferirono che l’odore dei soggetti con differenti HLA evocava in loro il ricordo di precedenti partners, mentre l’odore dei soggetti con HLA simile evocava spesso il ricordo di padri e fratelli.
Risultati contrastanti rispetto a quelli appena riportati sono stati però forniti da una recente ricerca (Jacob et al., 2002): ad un campione di donne vennero presentate e fatte annusare T-shirts indossate per due notti da soggetti maschi, mascherandole con deboli odori casalinghi, come candeggina, bucato o spezie. Quando fu loro chiesto quale profumo avrebbero scelto se avessero dovuto annusarne uno per tutta la vita, le donne scelsero il profumo di uomini che possedevano una combinazione di geni HLA simile alla propria e a quella del padre.
L’ipotesi proposta è che le donne possano, in questo modo, scegliere un partner che condivida parte dei propri geni “sani”, preferendolo ad uno sconosciuto, la cui vitalità e la cui salute sono ignote. Allo stesso modo le donne potrebbero preferire amici e colleghi con un profumo simile a quello paterno. La scelta non sembrava legata ad una qualche familiarità con odori che richiamavano ricordi d’infanzia; la preferenza non si verificava, infatti, per l’odore di uomini con un HLA simile a quello del padre ma non al proprio.
Gli autori sostengono, come argomentazione ai risultati dell’esperimento, che se da una parte l’accoppiamento con soggetti consanguinei può causare problemi alla prole, dall’altra anche l’accoppiamento con soggetti con geni totalmente diversi può fare altrettanto: la scelta di partners con un’intermedia miscela di geni potrebbe dunque garantire maggiori probabilità di sopravvivenza.
Questo possibile ruolo dell’odore individuale nella comunicazione interpersonale di importanti informazioni sembra entrare duramente in contrasto con la forte espansione dell’uso di profumazioni artificiali che noi tutti conosciamo, ma nonostante in moltissime società gli esseri umani effettivamente rimpiazzino il loro odore corporeo naturale, pare che la scelta personale dei profumi sia significativamente correlata alla combinazione dell’HLA individuale (Milinski e Wedekind, 2001). Le persone potrebbero cioè utilizzare profumi che amplificano il proprio odore naturale, derivato dall’HLA.
Nell’esperimento citato, vennero misurate le risposte di 137 uomini e donne, precedentemente suddivisi in 9 gruppi a seconda della costituzione dei loro HLA, a 36 profumi. Ai soggetti venne chiesto quanto gli sarebbe piaciuto usare un profumo od un dopobarba contenente ciascun ingrediente, e quanto gli avrebbero trovato attraente su un potenziale partner. Dalle risposte risultò una significativa correlazione tra il gruppo HLA di appartenenza di una persona e le sue preferenze; non furono invece riscontrate tendenze di correlazione tra il gruppo HLA di appartenenza e le preferenze per il profumo del partner. Emerse però un dato inaspettato: uomini e donne hanno preferenze diverse. Dal momento che non esistono differenze sessuali nella combinazione dei geni HLA, si presume che queste diversità nelle preferenze siano legate a recenti tendenze culturali; in effetti, i profumi specifici per uomo e per donna esistono soltanto da una cinquantina d’anni.
Il fatto che gli ingredienti di base dei profumi contemporanei siano gli stessi di quelli usati in civilà molto antiche, come quella egizia, fa pensare che probabilmente queste componenti siano in effetti in armonia con la nostra biologia di base.
3.3 SALUTE E PERCEZIONE DELLA BELLEZZA
I parassiti e le malattie hanno giocato un importante ruolo nell’evoluzione umana; infatti esercitano una fortissima pressione selettiva sui loro ospiti, riducendone la longevità e il successo riproduttivo.
E’ noto da molto tempo che gli individui differiscono tra loro nella suscettibilità ai parassiti, in base alla loro resistenza, geneticamente determinata. E’ noto inoltre come la ricombinazione e la segregazione dei geni, che hanno origine dalla riproduzione sessuale, permettono di sfuggire a mutazioni dannose, che si accumulano invece quando la riproduzione è asessuata (Muller’s ratchet). Pur essendo meno economica, in termini di energia, la riproduzione sessuale, e la selezione sessuale che ne consegue, porterebbe vantaggi, che sono alla base della persistenza della riproduzione sessuale (Bell, 1982), prevenendo il contagio di se stessi e della propria prole ed ottenendo una prole geneticamente resistente ai parassiti (Møller, 1990).
In effetti, esistono basi genetiche per l’interazione ospiti-parassiti: attraverso la riproduzione sessuata, l’ospite può modificare la sua costituzione genetica attraverso la ricombinazione, in modo che i parassiti non possano riconoscere a lungo i geni dell’ospite.
Alcune specie di lumache della Nuova Zelanda, ad esempio, sono in grado, se esposte a parassiti, di passare dalla modalità di riproduzione asessuale a quella sessuale.
Questo dato è confermato anche dalle simulazioni al computer di Hamilton (1990): quando sono introdotti i parassiti, gli organismi a riproduzione sessuale sono avvantaggiati rispetto a quelli a riproduzione asessuale.
Il “modello Red Queen” è utilizzato per descrivere appunto questo tipo di processo. L’idea di base è che la coevoluzione possa condurre a situazioni per cui la probabilità di estinzione rimane relativamente costante per milioni di anni (Van Valen, 1973).
Nelle interazioni che si sono coevolute, come quelle tra ospiti e parassiti, i cambiamenti evolutivi che si verificano in una specie, ad esempio di prede o di ospiti, possono cioè condurre all’estinzione di altre specie, ad esempio di predatori o di parassiti, e possono produrre oscillazioni nella frequenza del genotipo.
Questo modello prende il nome dal famoso romanzo “Through the looking glass and what Alice found there” (Carrol, 1872), e in particolare alle parole che la Red Queen rivolge ad Alice: “It takes all the running you can do to keep in the same place. If you want to get to somewhere else, you must run at least twice as fast as that”.
E allo stesso modo potrebbe funzionare la coevoluzione: i cambiamenti evolutivi sono necessari per restare allo stesso punto, la fine dei cambiamenti ha come risultato l’estinzione.
Molti studi hanno mostrato che i caratteri sessuali secondari di molti organismi riflettono il livello di infezioni parassitarie (Møller, 1990); infatti i parassiti rendono i loro ospiti maggiormente asimmetrici e, quindi, meno attraenti, rispetto agli individui non contagiati (Møller, 1996).
Questo vale anche per gli essere umani: gli uomini valutano la bellezza femminile come l’aspetto più importante, soprattutto nelle culture con un forte impatto di parassiti come la malaria, la schistosomiasi (un’infezione da vermi piatti che si insediano nella pelle) e altri parassiti virulenti (Gangestad e Buss, 1993). Gli ospiti possono contrastarne gli effetti debilitanti evolvendo un’efficiente difesa immunitaria, promossa a sua volta dalla stabilità dello sviluppo (Grammer e thornhill, 1994); il sistema immunitario è, negli esseri umani, una delle attività maggiormente costose.
I caratteri sessuali secondari potrebbero riflettere l’immunocompetenza degli individui (Folstad e Karter, 1992); molti caratteri sessuali secondari si sviluppano, infatti, sotto l’influenza del testosterone e di altri ormoni sessuali. Dal momento che gli ormoni hanno un effetto antagonista sul funzionamento del sistema immunitario, solo individui in ottime condizioni possono essere in grado di sviluppare stravaganti caratteri sessuali secondari senza compromettere la loro abilità di sviluppare efficaci difese immunitarie; solo cioè gli individui con un’elevata immunocompetenza possono affrontare l’effetto immunosoppressore degli alti livelli di testosterone (Folstad e Karter, 1992).
Una versione alternativa di questo modello assume che entrambi, caratteri sessuali secondari e sistema immunitario, si sviluppino in risposta ad alcune condizioni e che l’attendibilità del sistema di segnale non sia basata su un’interazione negativa tra androgeni e immunocompetenza (Møller, 1995).
Esistono lavori sperimentali che supportano l’ipotesi che il sistema immunitario sia coinvolto nell’attendibilità dei segnali sessuali negli uccelli, ma esperimenti sugli esseri umani non sono ancora disponibili (Saino e Møller, 1996).
3.4 STABILITA’ DELLO SVILUPPO E BELLEZZA
La stabilità dello sviluppo riflette l’abilità degli individui di mantenere lo sviluppo della loro morfologia in determinate condizioni ambientali (Møller e Swaddle, 1997); la stabilità dello sviluppo non può essere misurata realmente, mentre è possibile misurare l’instabilità dello sviluppo e le deviazioni dal risultato ideale.
Misure dell’instabilità dello sviluppo includono le asimmetrie fluttuanti (8) (Ludwig, 1932) e la frequenza dei fenodevianti, cioè deviazioni notevoli del normale fenotipo, come un diverso numero di dita delle mani o come la posizione del cuore nella parte destra del corpo.
Le asimmetrie si sviluppano in risposta ad un gran numero di fattori genetici ed ambientali, che tendono a sconvolgere i processi di sviluppo (review in Møller e Swaddle, 1997).
I fattori genetici possono includere: accoppiamento tra consanguinei, ibridazione, mutazioni e omozigosi; i fattori ambientali includono, invece, qualità e quantità di cibo, agenti inquinanti, radiazioni, densità di popolazione, parassiti, predatori, rumore e regime di luce.
Dal momento che il fenotipo ottimale è quello simmetrico, perché promuove la migliore performance, ogni deviazione dalla perfetta simmetria può essere considerata una soluzione sub-ottimale.
I resti di scheletri di preistorici hanno mostrato come gli individui morti da anziani possedessero ossa maggiormente simmetriche rispetto a quelli morti da giovani (Ruff e Jones, 1981); questa scoperta è particolarmente interessante poiché i continui rimodellamenti delle ossa durante la vita danno generalmente origine ad un incremento dell’asimmetria nelle persone anziane.
La continua selezione contro l’asimmetria e contro gameti e zigoti devianti inizia già tra spermatozoi e uova, nelle specie a fecondazione interna, e sembra essere molto diffusa anche nelle piante.
Inoltre l’infanticidio è stato una pratica comune in molte società umane, soprattutto nei confronti dei figli con fenotipi devianti.
Questo comportamento aveva ovviamente una valenza adattiva: evitare lo spreco di risorse costose, non investendole su una prole con scarse prospettive di sopravvivenza. Alcuni studi sulle reazioni genitoriali a neonati con malformazioni hanno dimostrato che portiamo ancora tracce di questo adattamento psicologico, reagendo con sensazioni estremamente negative, come il disgusto, e con un impulso aggressivo.
Molti studi hanno scoperto che la simmetria corporea e facciale, come la bellezza, sono criteri che gli esseri umani utilizzano per la scelta del partner.
Questa predilezione non è puramente estetica, ma ha una valenza funzionale: queste caratteristiche sono infatti considerate segnali della stabilità dello sviluppo (Grammer e Thornhill, 1994; Thornhill e Gangestad, 1994; Gangestad et al., 1994; Møller e Thornhill, 1998).
Nello studio di Rikowski e Grammer (1999), gli autori si sono proposti di verificare il legame tra odore corporeo, bellezza e simmetria facciale e corporea.
Il campione era formato da 16 uomini e 19 donne, con un’età media di 23.5 anni (ds 3.74), quasi tutti studenti della Facoltà di Psicologia dell’Università di Vienna. I soggetti avevano la consegna di indossare una T-shirt per tre notti consecutive, in condizioni controllate: dovevano evitare di usare deodoranti e profumi, di mangiare cibi piccanti e saporiti, di fumare e bere alcolici, di fare sesso e di frequentare locali fumosi.
Le donne , che non facevano uso di contraccettivi orali, si trovavano tra l’8° e l’11° giorno del ciclo mestruale, per evitare possibili variazioni dell’odore corporeo ormonalmente indotte (Poran, 1995).
Ai soggetti inoltre venivano consegnati appositi prodotti per l’igiene personale, shampoo e detersivi, e veniva loro chiesto di riportare onestamente possibili violazioni alle regole, il loro umore generale e le eventuali notti insonni.
Dopo l’uso, le magliette venivano congelate e immagazzinate, per poi essere riportate ad una temperatura di 37° appena prima della valutazione, che veniva effettuata da soggetti di sesso opposto, tutti non fumatori e tutti non facenti uso di contraccettivi orali.
La valutazione era suddivisa in 4 sessioni, effettuate in giorni diversi ma alla stessa ora; ogni soggetto non valutava più di 10 T-shirt, per evitare l’effetto dell’abituazione.
Il giudizio, espresso su una scala a 7 punti, riguardava 3 aggettivi: intenso, piacevole e sensuale.
Dal momento che la percezione femminile degli odori sembra cambiare a seconda delle fasi del ciclo mestruale (Grammer, 1993), i giudici femminili sono stati suddivisi in due gruppi: bassa fertilità (1°- 4° giorno e 17°- 32° giorno) e alta fertilità (5°- 16° giorno).
Altri 22 soggetti valutavano invece la bellezza di uomini e donne, attraverso dei ritratti.
Per quanto riguarda la misurazione dell’asimmetria corporea, è stata utilizzata la media di 9 misurazioni di 7 tratti bilaterali (larghezza del polso, larghezza della mano, larghezza del gomito, lunghezza delle orecchie, larghezza delle orecchie, altezza delle anche e larghezza del piede), dal momento che la somma dell’asimmetria di questi tratti mostra una considerevole ereditarietà (Livshits e Kobyliansky, 1989).
In realtà solo 3 dei 7 tratti hanno mostrato una vera e propria asimmetria fluttuante.
Per quanto riguarda l’asimmetria facciale, è stato invece utilizzato il metodo Grammer e Thornhill (1994): è stato calcolato il punto centrale delle 6 linee che collegano i 12 punti fissati sulle strutture bilaterali.
L’asimmetria individuale è stata calcolata come la media delle differenze tra il lato destro e quello sinistro di questi tratti; l’indice di corpulenza corporea è stato invece considerato come un possibile fattore confondente.
Dai risultati sono emerse significative correlazioni positive tra bellezza facciale e corporea e sensualità dell’odore corporeo, per quanto riguarda le donne. Quando gli effetti della corpulenza venivano tenuti costanti, l’asimmetria corporea correlava negativamente con la sensualità dell’odore corporeo, anche se non in modo significativo; maggiore era la simmetria corporea, maggiore era, cioè, la piacevolezza dell’odore corporeo.
Comparando i giudizi sui ritratti con quelli sull’odore, il viso di una donna giudicato attraente andava di pari passo con un odore corporeo giudicato sensuale; per quanto riguarda gli uomini, invece, un odore corporeo piacevole era correlato positivamente con la bellezza del viso e negativamente con l’asimmetria corporea, ma solo se le donne che valutavano questi parametri si trovavano nella fase maggiormente fertile del loro ciclo mestruale, cioè tra il 5° e il 16° giorno.
Questi segnali sembrano quindi avere differenti significati per i due sessi, probabilmente a causa delle differenti strategie riproduttive sottostanti.
Dal momento che altri studi hanno mostrato un’associazione positiva tra asimmetria corporea e peso delle donne (Manning, 1995) e dal momento che il tessuto adiposo è un fattore molto importante per la fertilità, poiché immagazzina estrogeni, (Frisch, 1975) potrebbe essere interessante, in ricerche future, verificare l’ipotesi se le differenze sessuali nell’asimmetria fluttuante siano dovute alle variazioni ormonali che si verificano durante il ciclo mestruale femminile.
Da questi studi emerge, ad ogni modo, come la sensualità dell’odore corporeo sia un indicatore potente e rilevante dal punto di vista della scelta del partner.
E’ interessante notare come le donne in fase non fertile siano meno abili nel distinguere tra queste variabili, mentre gli uomini sembrano chiaramente favorire uno sviluppo equilibrato nelle potenziali partners, probabilmente questo aspetto gioca un ruolo più complesso nelle scelte femminili.
In accordo con la teoria dell’investimento parentale (Trivers, 1972), la scelta femminile potrebbe favorire partners che provvedano a benefici materiali e protezione, per assicurare sopravvivenza a loro stesse e alla propria prole.
In realtà è stato suggerito che gli uomini più attraenti e simmetrici, quindi con una stabilità dello sviluppo presumibilmente elevata, possono aumentare il proprio successo riproduttivo con un maggior numero di accoppiamenti, piuttosto che con l’investimento parentale.
La strategia femminile deve dunque trovare un compromesso tra bisogno di benefici materiali e bisogno di benefici genetici; la soluzione ottimale sembra essere, secondo alcuni autori, quella di cercare prima un investimento a lungo termine, per poi ottimizzare i geni accoppiandosi con uomini fisicamente attraenti (Gangestad e Thornhill, 1997).
(8) L’asimmetria corporea si può manifestare in tre forme principali: asimmetria fluttuante, asimmetria direzionale e antisimmetria. Queste forme di asimmetria pura si possono presentare anche contemporaneamente nello stesso campione di individui, combinate in modi diversi.
L’asimmetria fluttuante si manifesta quando, sui caratteri bilaterali che tenderebbero ad avere un uguale percorso di sviluppo, agiscono disturbi casuali che innescano nell’individuo piccole e casuali deviazioni dalla simmetria perfetta. La distribuzione di frequenza delle differenze tra i due lati del corpo per i caratteri bilaterali presenta una media pari a zero ed è normalmente distribuita attorno ad essa. Essa può essere considerata quindi un indicatore di stress ambientale, anche se la sua validità come tale si ha solo a livello di popolazione e non a livello individuale.
L’asimmetria direzionale si manifesta quando tra due strutture simmetriche se ne sviluppa di più una. In questo caso i valori delle differenze tra lato destro e sinistro del corpo si distribuiscono normalmente attorno a una media significativamente diversa da zero. In questo tipo di asimmetria assume una particolare importanza il fattore genetico, per cui gli errori che si verificano durante lo sviluppo dell’organismo non sono più solo di origine casuale.
L’antisimmetria è presumibilmente il risultato di una predisposizione genetica degli individui verso l’asimmetria. Essa si manifesta, nella sua forma estrema, attraverso una distribuzione bimodale delle differenze tra i due elementi di caratteri bilaterali, e riflette la presenza, all’interno dello stesso campione, di due gruppi d’individui che tendono a svilupparsi in senso opposto. In questo caso l’effetto dello stress ambientale non può essere considerato a prescindere dal fattore genetico.
Segue in “Parte seconda. Capitolo 4: Applicazioni. uso dei feromoni”
Il presente articolo è riproducibile, in parte o in toto, esclusivamente citando autore e fonte
(Silvia Noris – www.silvianoris.it)