Per leggere l’intero lavoro “Il ruolo della comunicazione chimica nella sessualità umana” consultate l’indice della mia tesi di laurea. Segue da “Parte prima. Capitolo 2: Il sistema olfattivo”
PARTE PRIMA. CAPITOLO 3: L'ORGANO VOMERONASALE
3.1 INTRODUZIONE
L’organo vomeronasale (VNO) fu osservato per la prima volta nel 1703 da Ruysch, un medico militare danese, in un soldato con una ferita facciale, e fu poi descritto, nel 1809, da von Soemmering; fu però nel 1813, a Lipsia, che l’anatomista danese Ludvig Jacobson (1783-1843) fornì le prime descrizioni dettagliate di quello che fu denominato, appunto, organo di Jacobson.
L’anatomista notò, nel naso di molti mammiferi, la presenza di una lamina cartilaginea allungata che, se sollevata, rivelava un organo fino ad allora sconosciuto.
Nel 1877 il medico tedesco Kolliker ne descriveva con precisione la posizione, in base alle sue osservazioni sui cadaveri: da 6 a 13mm al di sopra del pavimento della cavità nasale, 21-29mm dietro le narici. Il diametro dell’apertura, sul setto nasale, è di circa 1mm, mentre la lunghezza della cavità è compresa tra 2 e 7mm.
Nel 1895, esso fu ridenominato dalla Società Tedesca di Anatomia (1) “organo vomeronasale”. La scelta del nome deriva dal fatto che esso si trova a contatto con il vomere, l’osso nasale che forma il setto, ed è costituito da una lamella ossea verticale, situata nella parte postero-inferiore del setto nasale.

Il fatto che quest’organo fosse presente in tutti i mammiferi osservati da Jacobson, tra cui cani, gatti, cavalli, buoi, capre, pecore, maiali, ecc., unitamente alla sua struttura complessa e di notevoli dimensioni, gli fece supporre che esso rivestisse un ruolo fisiologico importante.
Anche la presenza, nell’organo, di parecchi vasi sanguigni, tra i quali uno di grosse dimensioni (nel ratto circa 0.1mm di diametro) e di alcuni fasci nervosi che, risalendo lungo il setto nasale, convergono su di una piccola zona del bulbo olfattivo, fece scorgere la sua possibile rilevanza.
La prima ipotesi sulle funzioni dell’organo vomeronasale fu di tipo sensoriale, ma per parecchi anni i neurofisiologi si sono interrogati sul possibile ruolo di questa struttura e sui possibili legami con alcuni aspetti del comportamento riproduttivo.
(1) Deutsch Anatomie Gesellschaft.
3.2 ANATOMIA DELL’ORGANO VOMERONASALE E DIFFERENZE DAL SISTEMA OLFATTIVO
L’organo vomeronasale è un organo chemiorecettore costituito da una coppia di organi appaiati separati dall’organo olfattivo principale (Meredith, 1991; Wysocki e Lepri, 1991).
Esso è localizzato bilateralmente nel terzo anteriore del pavimento del setto nasale, nella porzione medioventrale dell’epitelio olfattivo ed è costituito da due condotti allungati posti a destra e a sinistra del setto. Nella maggior parte delle specie questi due canali si aprono solo anteriormente, nella cavità nasale, con un pozzo, detto lumen, che varia in misura dai 0.2mm ai 2mm, ed è situato a 1-2cm dal margine posteriore della narice.
Nella maggior parte delle specie i VNO sono racchiusi in una capsula rigida formata dal vomere, che li riveste lateralmente e li isola dalla cavità nasale, e si trovano in un rigonfiamento lungo i lati della base del setto. La cavità vomeronasale, il lumen, è parzialmente allineata con l’epitelio chemiosensoriale vomeronasale (VNE). Visto da una sezione trasversale, il VNO si presenta a forma di mezzaluna; la faccia interna, concava, è rivestita dall’epitelio sensoriale, mentre quella esterna, convessa, è ricoperta dalle cellule ciliate, simili a quelle presenti nel sistema respiratorio, che trasportano il muco.
Il VNO è coperto da un epitelio colonnare pseudostratificato di circa 60mm di profondità, che nasconde una sottostante spessa membrana.
Il neuroepitelio vomeronasale contiene tre tipi di cellule, morfologicamente distinte: cellule basali, cellule scure e cellule chiare. Le prime sono poligonali e di piccole dimensioni, circa 6mm di diametro; le seconde sono lunghe e sottili, colonnari, con un citoplasma densamente colorato; le terze sono lunghe, colonnari e, come le precedenti, si estendono dalla membrana alla superficie libera dell’epitelio.
Come i neuroni olfattivi, anche i neuroni vomeronasali sono frutto della differenziazione del tessuto olfattivo embrionale e possiedono un lungo dendrite, che sfocia nel canale vomeronasale sulla superficie dell’epitelio.
Alla base del dendrite è presente uno sviluppato reticolo endoplasmatico, una rete di “cisterne” intracellulari, la cui funzione non risulta chiara, dato che il reticolo serve solitamente per raccogliere le proteine neosintetizzate.
L’epitelio contiene neuroni recettori bipolari simili a quelli presenti nell’epitelio olfattivo principale, tranne per il fatto di produrre, sulla loro superficie esposta, microvilli e non ciglia (Moran et al., 1995). In analogia con i neuroni olfattivi, nella membrana microvillare sono presenti molecole recettrici in grado di legarsi alle molecole stimolo; inoltre, se i loro assoni vengono tagliati sperimentalmente, i neuroni recettori vengono sostituiti dalle cellule basali mature, avviene cioè un naturale rimpiazzamento come quello che si verifica nell’epitelio olfattivo principale.
Un’altra differenza rispetto ai neuroni olfattivi risulta essere la fisiologia delle proteine recettrici delle molecole stimolanti, che sono codificate infatti da geni diversi e meno numerosi rispetto a quelli che codificano le proteine recettrici olfattive.
Nel 1995, Halpern et al. hanno dimostrato che la popolazione dei neuroni sensoriali dell’organo vomeronasale non è omogenea: i neuroni della zona apicale risultano infatti diversi da quelli della zona basale dell’epitelio. I primi, a dendriti corti, possiedono ripiegamenti che attraversano sette volte la membrana cellulare ed inviano l’informazione nervosa alla parte anteriore del bulbo olfattivo accessorio. I secondi, invece, trasmettono l’informazione alla parte posteriore del bulbo olfattivo accessorio.
I dettagli dei maccanismi di trasduzione, cioè la conversione della stimolazione chimica in risposta elettrica, non sono stati esaminati a fondo; gli stimoli chimici generano, presumibilmente, potenziali d’azione nei neuroni recettori del VNO, legandosi a proteine recettrici presenti nella membrana apicale dei recettori.
Recenti risultati suggeriscono che la stimolazione dei recettori vomeronasali, sia nei rettili che nei mammiferi, possa coinvolgere l’attivazione dell’enzima fosfolipasi-c, per generare il secondo messaggero intracellulare IP3; questo apre i canali ionici per depolarizzare la cellula e generare potenziali d’azione che si propagano lungo gli assoni.
3.3 DISTRIBUZIONE DELL’ORGANO VOMERONASALE
Il VNO è presente in quasi tutte le specie tetrapodi; mentre nei mammiferi macrosmatici risulta essere una struttura molto specializzata, in alcuni primati e nell’uomo esso è invece meno facilmente distinguibile.
Nei lissanfibi adulti, nei tuatara e negli scleroglossi, i VNO appaiati non risultano completamente separati dalle camere olfattive principali e gli odoranti possono penetrare nel VNO sia attraverso le narici esterne che quelle interne.
Nei rettili il VNO è invece prominente e si trova nel palato, sopra la cavità nasale; esso si apre soltanto ventralmente, nella bocca, e non dorsalmente, nel naso, come accade invece nei mammiferi. Il lumen dell’organo è occupato da un “corpo a fungo”, coperto da un epitelio ciliato; l’epitelio sensoriale copre la superficie interna della cavità ed è generalmente più spesso e più elaborato rispetto a quello dei mammiferi.
Anche alcuni anfibi possiedono il VNO, ma la sua funzione, in questo gruppo di vertebrati, è tuttora in gran parte sconosciuta.
Il VNO è invece assente nella maggior parte dei tetrapodi acquatici, in quasi tutte le tartarughe, nei coccodrilli e nei mammiferi acquatici; anche gli uccelli e gran parte dei pipistrelli e dei primati ne sono sprovvisti.
Nei pesci, privi di VNO, sono però presenti, nell’epitelio olfattivo, dei neuroni recettori microvilliari simili a quelli presenti nell’epitelio vomeronasale dei tetrapodi; questi recettori sono, nel pesce rosso, veri e propri recettori feromonali.
3.4 CONNESSIONI CON IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE
I neuroni sensoriali dell’organo vomeronasale assicurano la doppia funzione di rilevamento delle molecole stimolanti e di trasmissione al cervello dell’informazione nervosa. Sebbene le connessioni nervose con l’encefalo non siano ancora del tutto chiare, è stato ipotizzato un sistema olfattivo accessorio in grado di tradurre, a livello inconscio, gli stimoli proiettati dal VNO e di modificare l’attività del sistema neuroendocrino.
Secondo questo modello, gli assoni dei recettori vomeronasali, che possiedono corpi cellulari nell’epitelio vomeronasale, lasciano la capsula del VNO raggruppandosi in diversi fasci nervosi, che si estendono dorsalmente lungo il setto nasale. Passando sotto la mucosa olfattiva e attraversando la lamina cribrosa dell’etmoide, che separa la cavità nasale dal cervello, questi fasci nervosi stabiliscono contatti con i neuroni di una zona del bulbo olfattivo chiamata, a causa delle sue ridotte dimensioni, bulbo olfattivo accessorio (AOB, accessory olfactory bulb), che ne processa gli input.
Esso è una struttura separata, di solito situata dorsalmente e medialmente rispetto al bulbo olfattivo principale (MOB, main olfactory bulb), che processa invece gli input olfattivi.
I neuroni del AOB, che ricevono gli input vomeronasali, proiettano le informazioni al nucleo mediale dell’amigdala e alla parte mediale del nucleo corticale. Nelle specie che possiedono il VNO, queste regioni non ricevono apparentemente proiezioni dirette dal MOB, sebbene esistano connessioni indirette, tramite altre aree che invece le ricevono.
Le proiezioni centrali vomeronasali sono quindi separate da quelle olfattive fino all’amigdala; le informazioni provenienti dal AOB e dal MOB sono cioè trasportate verso l’amigdala da gruppi separati di assoni di second’ordine. Da qui, il sistema vomeronasale proietta direttamente all’area preottica e all’ipotalamo, aree entrambe note per il loro coinvolgimento nel comportamento riproduttivo; le proiezioni che provengono dal MOB includono, invece, l’ippocampo, il talamo e la corteccia.
Negli esseri umani, l’amigdala corticomediale riceve proiezioni dal bulbo olfattivo, che non può però essere distinto in un AOB separato; non risulta dunque chiaro se queste proiezioni alle parti mediali dell’amigdala umana abbiano input periferici specializzati, ossia vomeronasali. Ad ogni modo, l’amigdala corticomediale umana si è probabilmente evoluta, come in altri mammiferi, come un’area accessoria di proiezione olfattiva e può dunque avere funzioni nel comportamento sociale.
Negli anfibi e nei rettili, le proiezioni centrali vanno dal VNO ad un largo AOB che, a sua volta, proietta a strutture, come il nucleo sferico, ritenute equivalenti all’amigdala mediale; anche a questo livello le aree di proiezione del AOB sembrano essere separate da quelle del MOB.
Nei mammiferi, le cellule dell’amigdala corticomediale proiettano a più aree centrali preottiche e ipotalamiche, che sono coinvolte sia nel controllo ormonale (Lawton, 1997), che nelle funzioni riproduttive e vegetative, come il nutrimento e il sonno.
Sulla base del fatto che apparentemente non esistono proiezioni neocorticali del sistema vomeronasale, è stato ipotizzato che l’input sensoriale vomeronasale possa non essere disponibile ai processi cognitivi, cioè che il ricevente della comunicazione vomeronasale, sebbene mostri risposte comportamentali o fisiologiche, possa essere inconsapevole dello stimolo che le ha provocate.
Recenti ricerche hanno utilizzato il metodo dell’espressione del gene c-fos (2) come marcatore per l’attività neurale, per marcare cioè i neuroni cerebrali che si attivano durante particolari comportamenti, in base alla presenza della proteina c-fos nei neuroni attivati.
Dall’uso di questa metodologia, sembra che l’amigdala mediale e l’area preottica, cioè le aree del percorso neurale del sistema vomeronasale, siano attivate, nel maschio di criceto, durante il comportamento di accoppiamento e durante l’esposizione a feromoni femminili (3). Sembra, inoltre, che il sistema olfattivo principale non venga invece attivato durante la stimolazione feromonale.
Ad ogni modo, solo una parte dell’attività dell’amigdala mediale sembra dovuta all’input vomeronasale; il resto è quindi associato alla performance dell’accoppiamento in sé. Questa espressione del c-fos collegata all’accoppiamento potrebbe dunque riflettere altri input sensoriali che sono parte integrante del comportamento riproduttivo, come la stimolazione genitale, o gli aspetti integrativi e motori della performance. L’attivazione durante la stimolazione feromonale, che nei criceti avviene tramite l’esposizione a fluidi vaginali, si verifica in molte delle stesse aree cerebrali dell’accoppiamento, ma meno intensamente.
Comunque, l’esatta distribuzione dell’attivazione del c-fos nelle regioni centrali vomeronasali sembra dipendere, in parte, dall’esperienza dell’animale, dato che l’attivazione è più estesa negli animali con esperienza.
(2) Il gene c-fos, localizzato negli esseri umani sul braccio lungo del cromosoma 14, è un gene che produce una proteina dallo stesso nome: proteina c-fos. Essa funziona come un fattore di trascrizione, cioè controlla la trascrizione del DNA in mRNA. Generalmente, l’espressione di c-fos è bassa nella maggior parte delle cellule, finchè le cellule stesse non vengono attivate da uno stimolo, ad esempio lo stress. Dopo che la cellula è stata attivata, i livelli di c-fos aumentano; questo aumento può essere rilevato velocemente (15-30 minuti dall’attivazione per l’mRNA c-fos, 30-60 minuti dall’attivazione per la proteina c-fos). Per questo motivo, la presenza di c-fos può essere utilizzata come marcatore dell’attivazione cellulare generata da uno stimolo. La rilevazione della proteina c-fos è effettuata tramite la tecnica chiamata immunoistochimica. Essa utilizza anticorpi che si legano a specifiche aree della proteina: attraverso l’incubazione del tessuto in una serie di soluzione contenenti differenti sostanze, tra cui gli anticorpi c-fos, il nucleo c-fos assume un colore marrone scuro, permettendo così di essere identificato.
(3) Un feromone è “una sostanza secreta da un animale all’esterno dell’individuo, che viene ricevuta da un altro individuo, classicamente della stessa specie, in cui elicita qualche risposta, comportamentale o concernente lo sviluppo, in relazione alla sopravvivenza della specie” (Karlson e Luscher, 1959). Vedi capitolo 1, parte seconda.
3.5 MOLECOLE STIMOLO
Le sostanze chimiche che sono in grado di stimolare il VNO sono denominate “vomeroferine” (Berliner et al., 1996) e possono essere raggruppate in due grandi categorie:
-molecole non-volatili. In molti casi, per quanto riguarda mammiferi e rettili, la comunicazione attraverso il VNO coinvolge la ricezione di grandi molecole delle naturali secrezioni corporee, per le quali il contatto sembra essere necessario; esse sembrano infatti raccolte, tramite il naso o la lingua, durante il contatto fisico con la fonte dello stimolo.
Gli stimoli non-volatili possono essere trasportati tramite un mezzo acquoso, il muco, in cui sono dissolti, legati a proteine trasportatrici prodotte dalle ghiandole nasali: proteine olfattive di legame per il sistema olfattivo e vomeromoduline per il sistema vomeronasale. La solubilità di questo complesso potrebbe essere l’elemento chiave nel determinare quali sostanze chimiche possono stimolare l’organo.
Ad esempio, nei maschi di criceto che odorano ed entrano in contatto con i genitali della femmina durante i comportamenti di corteggiamento e di accoppiamento, sembra essere un estratto proteinaceo delle secrezioni vaginali femminili (Singer et al., 1986), chiamato “Aphrodisin” e probabilmente associato ad una piccola molecola lipidica, ad agire come effettivo feromone femminile. Se Aphrodisin viene applicata sulla parte posteriore di un criceto maschio e viene fatta annusare da un secondo criceto maschio, essa elicita, in quest’ultimo, un comportamento di accoppiamento. Aphrodisin è una proteina solubile che sembra appartenere alla famiglia delle lipocaine (Henzel et al., 1988), viene isolata tramite l’eliminazione delle componenti volatili di queste secrezioni e tramite il frazionamento degli elementi rimasti, ed è il primo feromone proteinaceo identificato nei mammiferi (Henzel et al., 1988). Da queste ricerche, che hanno utilizzato sostanze tracciatrici non-volatili mescolate all’appropriato stimolo naturale, è emerso che, se all’animale veniva permesso di investigare e di entrare fisicamente in contatto con lo stimolo, le sostanze in questione entravano, effettivamente, nel lumen vomeronasale.
-molecole volatili. In altri casi anche stimoli volatili, cioè odori, possono raggiungere e stimolare i recettori vomeronasali.
Per quanto riguarda il VNO umano, la sua localizzazione e la sua struttura suggeriscono che esso potrebbe essere stimolato da sostanze chimiche volatili, piuttosto che da sostanze presenti nel muco.
E’ importante tenere presente che il termine “vomeroferina” non è un sinonimo di “feromone”, e che sebbene esistano esempi ben documentati di comunicazione chimica, come nella sincronizzazione del ciclo mestruale in donne che vivono insieme o come la regolazione del ciclo in presenza di un uomo (McClintock, 1971; Cowley e Springen, 1997; Stern e McClintock, 1998) (4), il ruolo del VNO non è chiaramente implicato in questi fenomeni.
Il fatto che siano state registrate effettive risposte sistemiche (Monti-Bloch e Grosser, 1991; Monti-Bloch et al., 1994; Grosser et al., 2000; Savic et al., 2001) e cambiamenti nell’umore (McClintock, 2000; Jacob e McClintock, 2000; McClintock et al., 2001; Jacob et al., 2001a; 2001b) (5) in seguito all’esposizione a queste sostanze, fa pensare che qualche informazione viaggi da una regione del VNO al cervello, dove possono avvenire modulazioni cardiovascolari, endocrine ed emozionali. In assenza di un nervo vomeronasale, i percorsi neurali coinvolti non sono comunque chiari.
Gli studiosi che hanno riportato queste scoperte sono associati ad un gruppo commerciale che promuove l’uso delle “vomeroferine” come agenti terapeutici, sostenendo implicitamente che siano feromoni, ma le prove a favore di questa ipotesi sono tuttora insufficienti. La definizione di feromone descrive una sostanza chimica prodotta da un membro di una specie che viene ricevuta da un altro membro, in cui provoca una risposta fisiologica o comportamentale. Dal momento che le risposte fisiologiche agli odori possono essere condizionate e dal momento che le norme individuali, sociali e culturali per queste risposte agli odori umani possono variare, il fatto che sia stata rilevata una risposta in un piccolo gruppo è una prova troppo scarsa per dimostrare l’esistenza di un meccanismo biologico fondamentale evolutosi per comunicare. Una base evoluzionistica per l’uso del termine “feromone” è riconosciuta in definizioni più dettagliate, che includono il requisito che la comunicazione chimica sia vantaggiosa per entrambi gli individui coinvolti.
I composti che sono naturalmente presenti sulla pelle umana sembrano causare, se applicati direttamente al VNO, una depolarizzazione locale (Monti-Bloch e Grosser, 1991), che ha le caratteristiche di un potenziale di recettore.
Questi studi, volti a verificare la funzionalità del VNO, utilizzano uno speciale elettrodo che, inserito nell’apertura dell’organo, può registrare l’attività elettrica che si ipotizza avvenire in seguito ad un’interazione chimica. L’elettrodo viene testato precedentemente sul tessuto olfattivo, in cui vengono registrate le risposte a sostanze come menta o essenza di garofano.
Le sostanze utilizzate per la stimolazione vomeronasale non sembrano provocare risposte nel tessuto olfattivo; dall’altro lato, le sostanze che stimolano il tessuto olfattivo non hanno effetto sul VNO (Wright, 1994).
Oltre all’attività elettrica, questi composti sembrano provocare anche cambiamenti nei livelli ormonali del sangue (6); questo suggerisce che il VNO è in qualche modo collegato al cervello.
Inoltre pare che le risposte varino tra soggetti maschili e femminili, sembra cioè che esista un dimorfismo sessuale nell’effetto che questi composti hanno sull’attività elettrodermica (Monti-Bloch et al., 1994) (7).
(4) Vedi capitolo 1.6, parte seconda.
(5) Vedi capitolo 1.10, parte seconda.
(6) Vedi capitolo 1.13, parte seconda.
(7) Vedi capitolo 1.12, parte seconda.
3.6 ACCESSO DELLE MOLECOLE STIMOLO
Dal momento che lo stretto dotto del VNO sembra essere l’unico accesso per gli stimoli chimici, inizialmente si riteneva che essi entrassero nelle narici e si dissolvessero nel muco nasale, durante il contatto tra il naso umido e le fonti delle sostanze chimiche.
Essendo però il canale vomeronasale chiuso posteriormente ed essendo la sua apertura anteriore, il lumen, decisamente troppo stretta perché il muco e le molecole stimolanti possano convogliare al suo interno, diversi ricercatori hanno cercato di capire quale meccanismo di trasporto fosse implicato nel suo funzionamento.
Nel 1949, il fisiologo Hamlin scoprì un sistema di pompaggio vascolare controllato autonomicamente, messo in atto dal tessuto cavernoso posto sotto l’epitelio non sensoriale, attraversato da grossi vasi sanguigni.
Quando i vasi sono costretti da un’azione vasomotoria, il lumen dell’organo si espande, aspirando all’interno del dotto il muco, contenente i potenziali stimoli; in seguito, la vasodilatazione del tessuto provoca la compressione del canale e la conseguente espulsione del materiale.
I nervi autonomici vasomotori, che controllano la pompa, entrano nella capsula nella sua parte posteriore.
Un simile sistema di pompaggio sembra esistere nella maggior parte dei mammiferi e sembra operare, almeno nei criceti, in risposta a stimoli nuovi e a situazioni che attirano l’attenzione dell’animale, come la presenza di un conspecifico o l’apertura della gabbia (Meredith, 1994).
In altre specie, come nei cani, nei gatti, nei maiali e nei bovini, il dotto dell’organo vomeronasale si apre nel canale nasopalatino, detto anche canale incisivo o canale di Stenson, che, situato posteriormente agli incisivi, connette, attraverso il palato, la cavità orale a quella nasale. In questo modo gli stimoli possono raggiungere l’organo vomeronasale sia attraverso il naso che attraverso la bocca, cioè anche se l’animale lecca la fonte dello stimolo.
Nei criceti e in altri roditori il canale nasopalatino si apre, invece, nel naso a circa metà della lunghezza del VNO e non sembra essere un possibile percorso per la stimolazione del VNO stesso.
In alcuni ungulati, come i cavalli, i buoi e le antilopi, e in alcuni carnivori, come i gatti, si verifica un comportamento tipico caratterizzato da una particolare mimica facciale, chiamato “risposta di Flehmen” o “testing”, che si attiva quando i maschi esplorano le secrezioni femminili. La postura stereotipata coinvolta, che comprende l’estensione del collo, il sollevamento della testa all’indietro, l’arricciamento del labbro superiore e la dilatazione delle narici, sembra serva ad aprire alle molecole-stimolo gli stretti passaggi attraverso l’epitelio, ed è considerata una manifestazione visibile di un’avvenuta stimolazione vomeronasale.
Nei rettili, le molecole che stimolano il VNO aderiscono invece alla lingua biforcuta e sono trasportati indietro dalla veloce fluttuazione della lingua stessa, che permette agli odoranti di raggiungere gli orifizi palatali del VNO.
Non esiste, quindi, un sistema di pompaggio di tipo vascolare, come quello presente in alcuni mammiferi, ma è stata ipotizzata una pompa di tipo meccanico.
Non risulta comunque ancora chiaro se il sistema vomeronasale si sia adattato a rispondere in via preferenziale a stimoli non-volatili; anche il sistema olfattivo è infatti in grado di riconoscere sia le sostanze volatili che quelle non-volatili, che raggiungono le cellule recettrici.
3.7 SENSIBILITA’ E SELETTIVITA’ DELL’ORGANO VOMERONASALE
La sensibilità dei recettori vomeronasali nell’identificazione delle sostanze chimiche non è stata ancora studiata in maniera approfondita; soprattutto per quanto riguarda i vertebrati, i dati forniti sulla biologia molecolare del sistema vomeronasale non sono, infatti, del tutto chiari.
Alcune registrazioni elettrofisiologiche del VNO e del AOB nei mammiferi (Boyd e Delaney, 2002; Charpak et al., 2001; Delaney e Hall, 1996), che hanno mostrato risposte a sostanze chimiche volatili, suggeriscono che esista, per lo meno a concentrazioni elevate, una sensibilità generale, piuttosto che una sensibilità altamente selettiva.
E’ importante puntualizzare, comunque, che le sostanze identificate e ritenute coinvolte nelle risposte comportamentali e fisiologiche agli input vomeronasali non sono generalmente disponibili per i test.
Sebbene non sia stato dimostrato come principio generale, recenti pubblicazioni (Leinders-Zufall et al., 2000) hanno descritto come, nel topo, i neuroni vomeronasali siano altamente selettivi ed estremamente sensibili a concentrazioni bassissime di particolari sostanze chimiche, proposte come feromoni di questa specie; i recettori risultano rispondere invece alle altre sostanze solo se presentate ad alte concentrazioni.
Questo genere di sensibilità specifica sembra essere una caratteristica anche dei recettori vomeronasali degli insetti, specializzati nella ricezione dei feromoni.
3.8 FUNZIONALITA’ DELL’ORGANO VOMERONASALE
Recentemente sono stati pubblicati lavori sul clonaggio di una famiglia di recettori presenti nel VNO dei mammiferi, probabilmente deputati alla percezione dei feromoni (Herrada e Dulac, 1997; Matsunami e Buck, 1997; Ryba e Tirindelli, 1997; Dulac e Axel, 1995).
Alcuni studi (Buck e Axel, 1991) suggeriscono che le specie mammifere con VNO funzionali esprimano due famiglie di geni (V1R e V2R), che sembrano codificare per proteine di membrana considerate esse stesse molecole recettrici. Questi geni sono espressi nei neuroni vomeronasali e sono simili ai geni per i recettori olfattivi nell’organizzazione, ma differiscono nella maggior parte della loro sequenza DNA.
Essi sono stati inizialmente considerati geni per i recettori feromonali, tuttavia le prove a favore di questa ipotesi non sono forti. La loro espressione nell’epitelio non è una garanzia: alcuni feromoni sono chiaramente percepiti dal sistema olfattivo principale e le possibili funzioni non-feromonali del sistema vomeronasale (come nei serpenti) non sono ancora state studiate a fondo.
In realtà, nel 2000, è stata stabilita la prima vera e propria base sperimentale a sostegno dell’ipotesi che i feromoni siano mediati dall’epitelio olfattivo: è stata infatti individuata, nella mucosa olfattiva, l’espressione di alcuni geni che codificano per i recettori feromonali (Rodriguez et al., 2000).
Ad ogni modo, nell’epitelio vomeronasale, è stato identificato un gruppo di circa 100 geni (V2R) che codificano per proteine recettoriali (Ryba e Tirindelli, 1997); questi recettori sono strutturalmente distanti dai recettori olfattivi (OR) presenti nel sistema olfattivo principale e dai recettori V1R già scoperti nella porzione apicale del VNO.
Quindi queste tre famiglie di recettori (OR, V1R e V2R) non sono correlate tra loro, nonostante appartengano tutte alla superfamiglia dei recettori accoppiati alle G-protein. Una parte dei geni associati ai recettori VR, circa un terzo, appare funzionante, mentre gli altri risultano essere pseudo geni; essi possono essere cioè residui del processo di evoluzione, o possono aver conservato la capacità di codificare proteine tronche.
Sembra dunque che molti neuroni vomeronasali perdano i recettori funzionali o esprimano un recettore funzionale insieme ad uno o più non funzionanti.
L’organizzazione spaziale dei recettori del VNO presenta alcune caratteristiche peculiari: nella porzione basale del VNO sono espressi esclusivamente recettori V2R, mentre in quella apicale solo V1R. Inoltre, durante la pubertà, compare una differente distribuzione dei recettori nel maschio e nella femmina: i V2R si localizzano più apicalmente nel maschio.
Questa distribuzione sembrerebbe legata alla maturazione sessuale ed è in accordo con l’acquisizione, nell’adulto, di nuove funzioni correlate al comportamento sessuale.
Dal momento che V1R e V2R sono espressi in zone spazialmente distinte dell’epitelio del VNO (Herrada e Dulac, 1997), che a loro volta proiettano a differenti parti del bulbo olfattivo accessorio, è probabile che le informazioni acquisite da V1R e V2R rimangano separate e vengano inviate a zone diverse dell’amigdala e dell’ipotalamo.
Questo tipo di organizzazione suggerisce due possibilità: la prima è che ciascun recettore o gruppo di recettori siano specializzati nel riconoscere determinati feromoni, ad esempio volatili o non volatili; la seconda è che le differenti zone acquisiscano informazioni che riguardano diversi stimoli biologici e che producono, quindi, diversi effetti funzionali.
Il VNO è dunque organizzato in unità funzionali discrete e sessualmente dimorfiche; esse possono permettere la segregazione dei segnali feromonali, che conducono a specifiche risposte comportamentali e neuroendocrine.
La miglior prova a favore dell’ipotesi secondo la quale la classe di geni V1R codifichi per recettori feromonali deriva dal recente studio di Leinders-Zufall et al. (2000).
Gli autori hanno mostrato come nei topi siano presenti risposte fisiologiche a sostanze feromonali, localizzate nei neuroni della zona apicale dell’epitelio vomeronasale, dove i neuroni sembrano esprimere maggiormente i geni V1R.
Questi neuroni sono risultati estremamente sensibili ed altamente selettivi, caratteristiche simili a quelle riscontrate nei recettori feromonali individuati negli insetti.
Anche nel genoma umano sono presenti geni simili a quelli che codificano per i recettori vomeronasali, ma le prime ricerche a questo proposito hanno dimostrato che questi geni sono chiaramente pseudogeni (Dulac e Axel, 1995; Herradura e Dulac, 1997); essi hanno cioè dei difetti nella loro sequenza che impediscono la trascrizione e la traduzione delle proteine.
E’ importante tener presente, comunque, che non tutte le sequenze umane correlate ai geni per i recettori vomeronasali sono state esaminate. Inoltre circa il 70% dei geni umani conosciuti per i recettori olfattivi sono risultati essere pseudogeni (Rouquier et al., 1998), ma gli esseri umani possiedono tuttora un funzionante senso dell’olfatto.
Recentemente Rodriguez et al. (2000) hanno riportato la scoperta di un gene umano, precedentemente non individuato, strettamente correlato alla famiglia V1R dei roditori, e che sembra essere espresso nell’epitelio olfattivo principale.
Ovviamente, la localizzazione dell’espressione non ne preclude una possibile funzione di percezione feromonale. Tuttavia, la sua relazione con i geni vomeronasali di altre specie non è una prova della funzionalità del VNO umano. E’ possibile, in ogni caso, che vengano scoperti altri geni, espressi nel VNO, o che i neuroni dell’epitelio olfattivo possiedano, negli esseri umani, funzioni simili a quelle svolte dai neuroni vomeronasali nei roditori.
3.9 ANATOMIA E DISTRIBUZIONE NELL’UOMO
Esiste una vera e propria controversia riguardo alla presenza o meno dell’organo vomeronasale negli esseri umani (Lawton, 1997).
Molti ricercatori hanno identificato la struttura che credono essere il VNO (Wright, 1994); a partire dal 1985 si sono infatti susseguiti numerosi studi che hanno fornito prove della presenza del VNO in molti, anche se non in tutti, gli esseri umani (Moran et al., 1995; Johnson et al., 1985; Stensaas et al., 1991; Garcia-Velasco e Mondragon, 1991).
Molti altri ricercatori sostengono, invece, che questo organo non sia presente negli adulti umani, nonostante ne sia stata documentata la morfogenesi iniziale nell’embrione e nel feto umano (Kreutzer e Jafek, 1980) e la presenza in moltissime specie animali (Pearlman, 1934).
Dal XVIII secolo è infatti noto che gli VNO appaiono nel corso dello sviluppo embrionale degli esseri umani: tra la dodicesima e la ventitreesima settimana di gravidanza sono chiaramente visibili come due organi tubolari, alla base del setto nasale, rivestiti da un epitelio pseudostratificato con cellule positive all’enolasi neurone-specifica (NSE), che somigliano ai recettori olfattivi. (8);
Alla trentaseiesima settimana esso è invece rivestito da un epitelio respiratorio che non mostra nessuna cellula di tipo recettoriale, anche se sono ancora presenti alcune cellule, dalla caratteristica forma a pera, NSE-positive nella sua parte superiore, il cui significato è tuttora sconosciuto (Boehm e Gasser, 1993). E’ stato suggerito che, durante il primissimo periodo fetale, il VNO possa avere una qualche funzione sensoriale, sebbene non chiara.
In contrasto, la calbindina, una proteina 28kd che è stata immunolocalizzata nei recettori vomeronasali, è risultata essere espressa in esseri umani, un neonato maschio e un adulto femmina, suggerendo la presenza di recettori durante lo sviluppo e la vita adulta (Johnson et al., 1994).
Non è dunque chiaro se il VNO continui o meno ad esprimere cellule recettrici o marcatori neurali nell’adulto, ma risulta evidente che la struttura in sè continua ad espandersi (Smith et al., 1997); infatti, se viene comparato l’aumento della lunghezza del VNO nello sviluppo del feto e la lunghezza del VNO nell’adulto, si può concludere che si sia verificato un aumento di dimensioni, sia esso prenatale o postnatale.
Ad ogni modo, alla ventiduesima settimana i VNO contengono neuroni e le fibre nervose sono in connessione con il bulbo olfattivo.
Anche per l’uomo, come per gli altri mammiferi, questa connessione con il cervello in formazione è molto importante per la migrazione delle cellule secretrici dell’ormone di rilascio di LHRH.
Queste cellule sono presenti nel VNO dopo 8-12 settimane di gestazione e le si trova lungo il nervo vomeronasale e quello terminale fino alla diciannovesima settimana; esse sfruttano questo tragitto per raggiungere in primo luogo l’ipotalamo, da dove immettono l’LHRH in un circolo sanguigno che lo porta all’ipofisi.
L’azione di questo ormone regola la secrezione, da parte dell’ipofisi, degli ormoni LH e FSH (follicolo-stimolante), che a loro volta determinano lo sviluppo degli organi sessuali ed il loro funzionamento.
L’assenza della migrazione delle cellule secretrici di LHRH disturba lo sviluppo del sistema riproduttivo e, nella nostra specie, determina la sindrome di Kellmann-De Morsier, spesso associata ad un deficit della percezione olfattiva.
Lo sviluppo del sistema vomeronasale sembra dunque di cruciale importanza per la corretta localizzazione delle funzioni neuroendocrine negli embrioni di tutti i mammiferi.
Tuttavia, nell’uomo, il VNO sembra regredire dopo aver svolto questo importante ruolo (Nakashima et al., 1985; Witt et al., 2002); questa ipotesi, già formulata da Jacobson nel 1813 e da Humphery nel 1940, è stata in seguito rivista, anche grazie ai progressi della fisiologia.
Nel 1891, il fisiologo Potiquet verificò la presenza dell’apertura sulla superficie del setto nasale in circa un quarto dei 200 adulti osservati.
Le osservazioni più recenti, effettuate tramite endoscopio, pur presentando dati differenti sembrano confermare che l’apertura può essere distinta nei 2/3 della popolazione, ma solo il 40% di questi sembra essere bilaterale (Knecht et al., 2001). Nel 65% dei cadaveri in cui è stato possibile sezionare la mucosa settale (Witt et al., 2002) il dotto vomeronasale è risultato possedere un piccolo orifizio di 0.2-2.0mm (Abolmaali et al., 2001).
In alcuni soggetti essa è visibile soltanto da un lato del setto nasale, in altri in nessuno dei due, anche se la non visibilità dell’apertura non implica l’assenza vera e propria delle cavità vomeronasali; infatti, iniettando una sostanza opacizzante ed effettuando una scansione delle cavità nasali, è possibile localizzare con precisione il VNO. In seguito, nel 1985, Johnson et al. hanno esaminato 100 adulti, ricercando specificatamente la presenza dell’apertura del VNO nella parte antero-interiore del setto nasale: essa è stata trovata nel 39% dei soggetti. Le strutture vomeronasali sono state riscontrate nel 70% dei 27 setti nasali rimossi post-mortem, ma l’esame istologico ha fallito nel fornire una prova che quest’organo sia effettivamente funzionale (Johnson et al., 1985).
Secondo Trotier et al. (2000) la rivelazione endoscopica del pozzo vomeronasale può variare, anche nel medesimo soggetto, durante varie osservazioni; sembra cioè che un pozzo perfettamente localizzato possa risultare invisibile in ispezioni successive, o viceversa. Questi autori stimano che il pozzo vomeronasale sia visibile, almeno unilateralmente, nel 92% circa dei soggetti che non si sono sottoposti a interventi di chirurgia nasale.
Sebbene esistano alcuni dati sugli effetti della rimozione del VNO durante interventi chirurgici, non sono stati effettuati studi sistematici che possano confermare questa ipotesi.
Anche se è stato suggerito che l’identificazione del dotto vomeronasale non è possibile per tutti i soggetti (Bhatnagar et al., 2002; Knecht et al., 2001; Trotier et al., 2000; Witt et al., 2002), si può comunque assumere che esso è stato riscontrato nella maggior parte dei soggetti. In recenti osservazioni, inoltre, è stata riscontrata una buona correlazione tra la frequenza di dotti vomeronasali osservati endoscopicamente in soggetti sani (Knecht et al., 2001) e la frequenza di dotti vomeronasali determinati con endoscopia e con osservazione immunoistochimica in cadaveri.
E’ importante tenere presente che la presenza dell’organo non implica in nessun modo la sua eventuale funzionalità.
Non è dunque in discussione l’esistenza del VNO, almeno in una certa percentuale di individui, quanto piuttosto la sua funzionalità, specialmente a causa delle differenze strutturali che esso presenta, rispetto a quello degli altri mammiferi (Meredith, 2001).
Il VNO negli esseri umani si presenta in forma semplificata: non esiste, infatti, un rigonfiamento evidente nel setto nasale che indichi la sua posizione e non sono presenti né la caratteristica capsula di rivestimento con la spessa cartilagine di supporto, né i larghi vasi sanguigni.
Il dotto, inoltre, conduce ad un lumen tubolare che non possiede un evidente epitelio sensoriale spesso; esso risulta differente sia da quello vomeronasale delle altre specie, sia da quelli respiratoro ed olfattivo degli esseri umani (Moran et al., 1991; Stensaas et al. 1991).
Due studi (Takami et al., 1993; Trotier et al., 2000) sull’epitelio vomeronasale negli adulti hanno riportato la presenza di cellule bipolari che assomigliano ai neuroni vomeronasali trovati in altre specie e negli embrioni umani. Queste cellule contengono le sostanze marcatrici caratteristiche delle cellule neurali, l’enolase neurone-specifica (NSE), anche se la quantità di queste cellule è molto limitata: non più di 4 in 100mm di superficie epiteliale.
Nessuno di questi due studi ha invece riscontrato la presenza della proteina marcatrice olfattiva (OMP), caratteristica nei neuroni vomeronasali delle altre specie.
Inoltre, le cellule neurali bipolari marcate dall’enolasi, possiedono proprietà istochimiche differenti rispetto alle adiacenti strutture epiteliali (Witt et al., 2002).
Questi neuroni sembrano essere però sprovvisti di assoni; effettive connessioni tra il VNO umano e il cervello, con cui possano venire trasmesse le informazioni sensoriali, non sono state ancora dimostrate. Sebbene siano state riscontrate fibre nervose che, correndo sotto l’epitelio, si estendono verso il cervello, non è tuttora chiaro se questi fasci nervosi contengano veri e propri nervi sensoriali vomeronasali o soltanto diramazioni dei nervi Terminale, Trigemino e Autonomico.
Esistono cioè assoni nell’epitelio, che non sembrano però in contatto con le cellule epiteliali (Stensaas et al., 1991). Dunque non esistono cellule con ovvie caratteristiche sensoriali; le funzioni potrebbero essere assolte da altri tipi di cellule, ma non esistono prove che lo confermino.
Inoltre, il bulbo olfattivo accessorio, che è, nei mammiferi, la normale terminazione degli assoni dei recettori vomeronasali, non può essere chiaramente distinto nel cervello umano. Sembra quindi che, nell’uomo, non sia presente una struttura primaria coinvolta nel processamento delle informazioni provenienti dal VNO. A questo proposito, alcuni studiosi sostengono, invece, che il bulbo olfattivo accessorio esista, ma che sia difficile da vedere a causa dell’allargamento dei lobi frontali che, negli esseri umani, lo hanno fatto appiattire e stirare (Wright, 1994).
Un buon punto di partenza per dimostrare la funzionalità del VNO umano sarebbe il riscontro di neuroni nell’epitelio vomeronasale dell’adulto.
Invece molti studi non hanno confermato questa ipotesi. Nel 2000, ad esempio, Eloit et al. hanno utilizzato la tecnica degli anticorpi (molecole immunitarie che si legano a molecole specifiche); i bersagli erano proteine dei neuroni olfattivi di mammiferi, tra cui l’uomo: nell’epitelio vomeronasale dell’uomo adulto non è stato centrato nessuno di questi bersagli e non sono stati trovati fasci nervosi. Boehm e Gasser avevano precedentemente osservato come i neuroni scomparissero dal VNO alla trentatreesima settimana di gestazione.
Nel 1985, Nakashima et al. hanno studiato il VNO e i nervi di Jacobson in feti umani di 28 settimane. Gli autori hanno descritto la struttura dell’organo e tracciato il percorso dei nervi lungo il setto nasale e attraverso la lamina cartilaginea cribriforme. Nonostante siano emerse prove dell’esistenza di recettori nell’epitelio vomeronasale simili a quelli dell’epitelio olfattivo, viene suggerito che la mancanza di vasi sanguigni intraepiteliali e di figure mitotiche nell’epitelio stesso indica che l’organo, alla 28° settimana di gestazione, stava subendo una degenerazione (Nakashima et al., 1985).
Kjaer e Hansen (1996) hanno segnalato una netta regressione del VNO e la scomparsa del bulbo olfattivo accessorio verso il termine della vita uterina. Meisami e Bahtnagar (1998) fanno inoltre notare che il VNO ed il bulbo olfattivo accessorio sono assenti nelle grandi scimmie e nelle scimmie adulte del vecchio mondo, mentre sono presenti nelle scimmie adulte del nuovo mondo.
Fu il lavoro pubblicato da Crosby et al., nel 1962, a mettere in dubbio la presenza funzionale del VNO negli adulti umani.
Nel loro testo di anatomia “Correlative Anatomy of the Nervous System”, gli autori riferiscono che nella parte dorsomediale del bulbo olfattivo principale di alcuni embrioni umani è stato trovato un bulbo olfattivo accessorio; il nervo vomeronasale, che proietta da un VNO vestigiale al bulbo olfattivo accessorio ed il bulbo stesso, invece differiscono notevolmente nella dimensione e sono talvolta assenti; questa variabilità fu osservata da Lauer (1945) anche in altri primati adulti: queste strutture risultano quindi essere, secondo gli autori, segni ontogenici della persistenza, nello sviluppo umano, di strutture filogeniche senza più funzioni.
Il risultato di queste e di molte altre osservazioni fu il consenso riguardo alla non funzionalità del VNO, che venne quindi considerato un organo vestigiale; l’area contenete il VNO viene infatti spesso rimossa durante gli interventi di chirurgia plastica al naso.
(8) L’enolasi è un enzima appartenente alla classe delle liasi che, nei tessuti animali, sono coinvolte nel metabolismo dei carboidrati.
3.10 FUNZIONI DEL VNO E CONSEGUENZE DELLA SUA RIMOZIONE
Il VNO è l’organo recettore di un sistema sensoriale coinvolto nella comunicazione chimica. Nei i mammiferi i feromoni sessuali, che forniscono informazioni sulla maturità sessuale dei potenziali partners, sono spesso, anche se non necessariamente, individuati dal VNO.
La comunicazione sessuale è, ad ogni modo, solo una delle numerose funzioni del VNO, ben studiate soprattutto nei serpenti. La maggior parte degli studi sulle funzioni vomeronasali sono stati infatti effettuati su roditori e serpenti; questi studi si basano su lesioni, danneggiamento o rimozione dei sistemi vomeronasale e olfattivo, per rilevare eventuali deficit nelle funzioni comportamentali o fisiologiche.
Più recentemente, l’attivazione di aree cerebrali che ricevono le proiezioni centrali del VNO sono state studiate con nuove tecniche.
Nei roditori, la comunicazione chimica intraspecifica può produrre effetti notevoli sul comportamento riproduttivo e sulla fisiologia ed è alla base di alcuni comportamenti aggressivi; molti di questi effetti dipendono da input chemiosensoriali provenienti del sistema vomeronasale. Ad esempio, le femmine di topo che vivono in gruppo producono un chemiosegnale che, attraverso l’urina, sopprime l’estro in altre femmine; i maschi di topo e di altri roditori producono segnali che accelerano la pubertà nelle femmine immature (9). In entrambi i casi, la rimozione del VNO impedisce la risposta.
Nel 1953, a Tolosa, il biologo Parel osservò che i maschi di cavia, dopo aver subito la rimozione chirurgica del VNO, presentavano un comportamento riproduttivo ridotto, mentre le femmine non presentavano la tipica lordosi da accoppiamento, che solitamente segnala al maschio la disponibilità alla copula.
Inoltre, un estratto proteinaceo delle secrezioni vaginali femminili aumenta il comportamento di accoppiamento nei maschi intatti di criceto, ma non in quelli a cui il VNO è stato chirurgicamente rimosso.
Questi effetti sono probabilmente dovuti ad un’influenza dell’input vomeronasale sui livelli ormonali. Entrambi i sessi di molte specie mostrano cambiamenti nei livelli di LH, e forse di prolattina, in risposta a segnali chimici emessi da individui del sesso opposto. I cambiamenti di LH possono indicare un rilascio intracerebrale di LHRH; queste risposte ormonali possono essere responsabili dei cambiamenti fisiologici. Nei topi e nei criceti, la rimozione del VNO impedisce i cambiamenti ormonali di LH e di testosterone, che si osservano normalmente dopo l’esposizione dei maschi ai chemiosegnali femminili.
L’iniezione intracerebrale di LHRH ripristina i deficit nel comportamento di accoppiamento prodotti dalla rimozione del VNO nei criceti maschi sessualmente inesperti, suggerendo che la liberazione intracerebrale di LHRH possa avere un ruolo importante nella risposta all’input sensoriale proveniente dal VNO. Sia nei topi che nei criceti, i maschi non si accoppiano quando vengono sperimentalmente privati sia dell’input sensoriale olfattivo che di quello vomeronasale. Nei maschi con esperienza, è invece sufficiente la presenza di uno degli input perché essi mettano in atto il corteggiamento, tramite l’emissione di ultrasuoni, e l’accoppiamento stesso, in risposta ai segnali emessi dalle femmine; la rimozione di uno dei due input provoca solo lievi effetti. Comunque, negli animali inesperti, la rimozione del VNO da solo provoca severi deficit in questi comportamenti, mentre la rimozione dell’input olfattivo da solo no. Quindi l’input vomeronasale può essere critico per l’esatta esecuzione di comportamenti preprogrammati, come quello di accoppiamento, nei maschi inesperti. In seguito, questo comportamento può essere elicitato da input sensoriali olfattivi dopo un periodo di associazione tra input olfattivi e vomeronasali.
E’ stato suggerito che il sistema vomeronasale possa essere funzionante in utero; è infatti possibile, nei roditori, influenzare risposte postnatali ad un odore tramite l’esposizione del feto a quell’odore durante la sua vita uterina. Ad ogni modo, queste possibilità associative possono essere una funzione del sistema olfattivo principale, piuttosto che di quello vomeronasale.
La rimozione chirurgica del VNO provoca, nelle femmine di topo, numerosi cambiamenti: fallimento degli stimoli maschili nell’accelerazione della pubertà nelle femmine immature, fallimento delle femmine adulte del gruppo nell’influenzare reciprocamente il ciclo dell’estro, fallimento dell’effetto del maschio sconosciuto nel causare aborti spontanei in femmine neo-gravide. In tutti questi esempi di interazione sensoriale-ormonale, la componente sensoriale sembra dovuta all’input vomeronasale.
Dal momento che la rimozione chirurgica del VNO danneggia anche il nervo terminale, c’è una possibilità che alcuni deficit attribuiti alla perdita delle funzioni del VNO siano in realtà dovute alla perdita delle funzioni del nervo terminale.
Alcuni esperimenti in cui il sistema vomeronasale veniva rimosso o danneggiato in neonati di coniglio e di pecora, hanno mostrato che il sistema vomeronasale non è coinvolto in tutte le comunicazioni di tipo feromonale. I neonati trovano, infatti, il capezzolo materno attraverso l’olfatto, ma questo comportamento non sembra danneggiato da lesioni al VNO.
Le funzioni del VNO nei rettili sono vastamente documentate e comprendono comportamenti riproduttivi, come il corteggiamento e l’accoppiamento, e sociali, come l’aggregazione in luoghi sicuri; oltre che per la comunicazione chimica intraspecifica, il VNO è utilizzato anche nella localizzazione della preda e nella cattura della stessa.
Recenti ricerche suggeriscono che una sostanza non volatile estratta dai vermi, uno dei cibi preferenziali dei serpenti giarrettiera (garter snake), ne stimoli i neuroni recettori vomeronasali, ma non quelli del sistema olfattivo principale; sembra che essa sia coinvolta nell’attivazione di un meccanismo di trasduzione che utilizza il secondo messaggero intracellulare, l’IP3.
Un danneggiamento del VNO, o una saturazione nei pressi dei dotti di accesso, interrompono i comportamenti riproduttivi e sociali.
(9) Vedi capitolo 1.6, parte seconda.
3.11 ALCUNI ESPERIMENTI SUGLI ESSERI UMANI
Esistono prove dell’esistenza di una funzione chemiosensoriale non olfattiva e non trigeminale localizzata nella regione vomeronasale umana.
Queste prove provengono quasi esclusivamente dal lavoro di Monti-Bloch et al. (1991; 1994), in cui gli autori hanno riportato una risposta elettrofisiologica all’applicazione, confinata alla regione vomeronasale, di piccole quantità di steroidi.
Dal momento che questi studi sono supportati da corporazioni con un interesse commerciale, i risultati sono stati discussi dalla comunità accademica in maniera critica; non esistono tuttavia errori metodologici in queste pubblicazioni.
Esse riportano, inoltre, risposte fisiologiche sistemiche a questo tipo di stimolazione e, nonostante venga suggerita l’assenza di una risposta cosciente in esseri umani svegli, esistono prove di un’alterazione dell’umore.
Perché le risposte fisiologiche possano essere attribuite alla stimolazione chimica del VNO deve esserci una prova che gli stimoli siano confinati solamente al VNO. Finché non esiste un criterio indipendente per le sostanza chimiche che stimolano i neuroni vomeronasali, la natura degli stimoli non è una garanzia di avvenuta stimolazione vomeronasale.
Negli studi di Monti-Bloch e Grosser (1991), le applicazioni selettive al VNO umano hanno dato origine a tre tipi di risposte: risposte elettriche locali, risposte da cellule isolate e risposte sistemiche.
Le risposte elettriche locali consistono in un potenziale elettrico negativo locale, chiamato “elettrovomeronasogramma” (EVG), registrato nella regione del pozzo vomeronasale in soggetti svegli. Il nome deriva dall’analogia con l’elettrolfattogramma (EVO) che può essere registrato dalla superficie dell’epitelio olfattivo in risposta a stimolazioni odorose (Ottoson, 1956; Getchell e Getchell, 1987).
Gli stimoli testati includono steroidi simili a quelli estratti dalla pelle umana, tra cui composti androstadienoni ed estratetraenoli, e odori convenzionali. Gli steroidi hanno elicitato chiaramente una risposta EVG; gli odori convenzionali no. In entrambi i casi gli stimoli erano indirizzati direttamente al pozzo vomeronasale; negli esperimenti di controllo la stimolazione era diretta alle aere circostanti al pozzo, con il risultato di un declino dell’ampiezza di EVG. Lo stesso tipo di stimolazione diretta all’epitelio olfattivo con odori convenzionali ha elicitato EOG. Gli steroidi che hanno provocato un EVG nel VNO non hanno prodotto EOG nell’epitelio olfattivo.
I soggetti, generalmente, non hanno riportato sensazioni durante la stimolazione diretta al VNO, anche quando veniva registrato un EVG, mentre hanno riportato sensazioni odorose quando veniva elicitato un EOG.
Gli autori hanno concluso che il EVG possa essere, in analogia con un EOG olfattivo, la somma dei potenziali generati da molti neuroni vomeronasali che rispondono alla stimolazione chimica.
Per quanto riguarda le risposte da cellule isolate, cellule bipolari aspirate dal pozzo vomeronasale umano hanno mostrato una risposta ad alcune vomeroferine (Monti-Bloch et al., 1998b).
Gli steroidi che elicitano EVG correlati a sostanze chimiche presenti nella pelle umana sono stati proposti come feromoni umani.
Dal momento che le cellule bipolari vomeronasali umane che esprimono NSE sono poche e prive di assoni, risulta difficile spiegare l’ampiezza del EVG, anche se l’assenza di assoni non impedisce che esse funzionino come locali generatori di corrente.. Ad ogni modo, qualsiasi risposta locale del VNO deve essere comunicata al cervello prima che si possa stabilire un percorso di comunicazione sensoriale. Nonostante non siano state riscontrate connessioni anatomiche, gli autori hanno dedotto una connessione fisiologica col cervello poiché gli stimoli vomeronasali elicitano anche risposte sistemiche (Monti-Bloch et al., 1991, 1998a, b). Queste comprendono cambiamenti nella pressione sanguigna e nel battito cardiaco, piccoli ma significativi cambiamenti nei livelli ormonali (Monti-Bloch et al., 1998a) e alcuni cambiamenti nell’umore (Grosser et al., 2000).
E’ importante notare che queste risposte sistemiche sono state ottenute tramite lo stesso stimolatore utilizzato per le registrazioni dell’EVG, che confina lo stimolo al pozzo vomeronasale.
Altri studi (Berliner et al., 1996) hanno usato un diverso tipo di stimolatore, non descritto in dettaglio e senza, e non hanno effettuato esperimenti di controllo. Inoltre, stimoli ripetuti provano bassi livelli di stimolazione anche in altri sistemi sensoriali nasali.
Resta tuttora da chiarire se i cambiamenti sistemici, elicitati dagli steroidi chimici in questi studi, possano essere considerati prove di una connessione fisiologica tra VNO e cervello e di una funzione vomeronasale.
Spiegazioni alternative della risposta elettrica di EVG includono artefatti fisico-chimici, potenziali biologici non-neurali come risposte secretorie o vasomotorie, o il coinvolgimento di altre cellule o fibre nervose.
Un artefatto fisico-chimico può essere facilmente generato in un esperimento dove viene usato un elettrodo di metallo per registrare potenziali sulla superficie della mucosa. Infatti ogni piccolo movimento cambia la resistenza tra l’elettrodo e il muco; questo cambiamento potrebbe sembrare un segnale elettrico stimolo-dipendente. negli studi citati è stato utilizzato un elettrodo “non polarizzabile” silver/silver chloride (Monti-Bloch e Grosser, 1991; Monti-Bloch et al., 1998b) che non dovrebbe provocare questi potenziali.
Per quanto riguarda i potenziali secretori, essi sono generati quando le ghiandole secernono il loro contenuto, che può avvenire in risposta ad un’irritazione locale. Esistono numerose ghiandole attorno al VNO umano e molte di loro svuotano il loro contenuto nel lumen del VNO stesso (Trotier et al., 2000). I potenziali secretori possono contribuire al EOG registrato nella mucosa olfattiva (Okano e Takagi, 1974) e possono contribuire anche al EVG.
Anche la dilatazione dei vasi sanguigni può generare un potenziale o può modularne uno preesistente, a causa di cambiamenti nella resistenza dei tessuti. Alcune sostanze chimiche che entrano nel naso elicitano una risposta immunitaria nelle mastocellule e altre cellule della mucosa (Suzuki et al., 1999); altre sostanze possono indurre processi metabolici (Gu et al., 1999). L’EVG non sembra essere eliminato dall’applicazione topica di lidocaina, un anestetico locale, o di atropina, un antagonista colinergico autonomico (Monti-Bloch et al.,1998b).
E’ chiaro che potenziali chimici specie-dipendenti possono essere generati nelle vicinanze del VNO da meccanismi non vomeronasali. Alcuni di questi sono esclusi dalla natura della risposta EVG o dai controlli effettuati nei lavori sperimentali; tuttavia, alcuni importanti controlli non sono stati descritti dettagliatamente.
Le terminazioni del nervo trigeminale e le componenti del sistema immunitario sono distribuite nel naso, quindi le risposte di questi sistemi non dovrebbero essere limitate alla regione del VNO. Inoltre, il potenziale trigemino ha una differente suscettibilità agli anestetici locali. I dati che riportano il fallimento degli anestetici locali nel bloccare l’EVG indicano che la trasmissione nervosa non è coinvolta, il che implica l’assenza di un riflesso del SNC. Non è invece esclusa la risposta locale mediata dalle citochine.
L’altra possibilità è una risposta diretta dalle cellule che esprimono recettori per le sostanze chimiche, siano esse neuroni sensoriali vomeronasali, terminazioni nervose trigeminali o terminali, cellule secretorie non neurali o altre. Ogni componente cellulare in grado di generare un potenziale registrabile dovrebbe essere classificato ed avere un orientamento comune che sommi i potenziali individuali.
La risposta selettiva di EVG, qualunque sia la sua fonte, rappresenta un’informazione che, se inviata al SNC, potrebbe assolvere a funzioni comunicative. Se l’EVG è generato da neuroni sensoriali primari o da terminazioni di nervi afferenti, il percorso di connessione al SNC è ovviamente un contributo alla comunicazione chimica. se l’EVG è generato da cellule secretorie o da altre cellule puramente periferiche, la connessione al SNC non è chiara.
L’EVG non è probabilmente generato dalle cellule bipolari che esprimono NSE; forse altre cellule non VNO umano sono neuroni vomeronasali con l’appropriata sensibilità e geometria, ma non sono state ancora individuate.
L’EVG rappresenta, ad ogni modo, la miglior prova di un processo chemiosensoriale selettivo nella regione vomeronasale.
3.12 INTERROGATIVI
Numerosi sono gli interrogativi che nascono dagli studi presentati nei capitolo precedenti. Tra questi possiamo distinguere tra quesiti più propriamente fisiologici, come l’identificazione della struttura chimica delle molecole stimolo e il chiarimento delle funzioni dell’organo vomeronasale negli esseri umani, ed altri più applicativi riguardo ad eventuali utilizzi di questi composti a fini medici o contraccettivi.
Potrebbe essere interessante intraprendere inoltre studi su donne prive del senso dell’olfatto, ma con un VNO funzionante (Weller, 1998).
Segue in “Parte prima. Capitolo 4: Il nervo terminale“
Il presente articolo è riproducibile, in parte o in toto, esclusivamente citando autore e fonte
(Silvia Noris – www.silvianoris.it)
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I have noticed that many dogs, when they meet their owner after even a short period of separation, have the same attitude of lifting the upper lip by wrinkling the nose with the head down and neck elongated towards the person they meet.
Is it possible that the dog has learned to interpret human chemical signals by means of the VNO in order to perceive their state of mind?
I cannot boast medical studies on the subject but I am a dog handler, curious and an attentive observer.
Thank you
antonio iulli
Buongiorno Antonio, domanda interessante che meriterebbe una tesi di laurea. La risposta di Flehmen (arricciamento del naso che scopre i denti) è proprio il segno dell’attivazione del VNO. I feromoni sono, per definizione, messaggeri chimici altamente intraspecifici, ma è nota la comunicazione chimica anche interspecifica; in questo caso le molecole sono denominate allelochimici. Non saprei dire che tipo di comunicazione chimica intercorra tra un cane e il suo padrone, ma senz’altro c’è. Se le interessa approfondire anche l’uso terapeutico dei feromoni nei problemi comportamentali dei cani le consiglio questa lettura: https://core.ac.uk/download/pdf/14704956.pdf
Un caro saluto
Silvia Noris
Buongiorno dott.ssa,
La ringrazio per la risposta e per non aver trascurato l’osservazione di una persona non “addetta ai lavori”.
Effettivamente si tratta di un argomento molto interessante e sul quale molti studi non concordano; analizzando il fatto che i neonati della nostra specie ridono fin dai primi giorni di vita, sarebbe un azzardo eccessivo ipotizzare che anche il sorriso umano derivi da un atteggiamento ereditato da quando il nostro VNO era ancora dotato di un nervo?
Leggerò sicuramente quanto da Lei consigliato
Buon lavoro e grazie ancora
Antonio