
15 ottobre 2021. Oggi ho ricevuto da parte di una cooperativa, molto conosciuta e con una lunga storia femminile di lavoro nella tutela delle differenze, un’email riguardante l’obbligo di green pass per accedere al luogo di lavoro e la relativa informativa privacy (foglia di fico che copre la vergogna della società dell’ipercontrollo panottico). Non potevo tacere, ho voluto rispondere così:
Buongiorno,prendo atto con dispiacere e delusione che una cooperativa nata e cresciuta con la mission fondamentale di agire “sostenendo il diritto di tutti alla salute”, che fa del suo cavallo di battaglia un “approccio integrato al problema della salute, che significa attenzione alla persona nella sua complessità”, che si pone come obiettivo quello di “diffondere la cultura dell’accoglienza e del rispetto delle differenze” si inchini così ciecamente a farsi esecutrice di uno strumento squisitamente politico di esclusione e discriminazione, con precedenti alquanto nefasti, che niente ha a che vedere con la salute pubblica, non avendo nessun fondamento che abbia una logica sanitaria e ancor meno scientifica.Non solo nella Milano del 2021 chiunque ha la possibilità di informarsi seriamente e rendersi conto di ciò, ma una cooperativa che professa certi principi e valori deve necessariamente avere l’onestà intellettuale di considerare le conseguenze delle proprie azioni e del proprio posizionamento in un momento storico così drammatico, riconoscendone l’incoerenza rispetto alla propria etica fondante. Il mero adempimento di “obblighi di legge” non vi metterà al sicuro dalla possibilità di ritrovarvi, senza neanche rendervi conto di come ci siete arrivate, dalla parte sbagliata della Storia.Vi invito perciò a riflettere sulle scelte che state compiendo. Se saranno state giuste o sbagliate lo giudicheranno forse i nostri figli e nipoti, ma di sicuro fin da subito possiamo dire che non sono neutre, né tanto meno pure formalità.Buona fortuna.
In tutta onestà, di fronte a tutto quello che sta accadendo nel silenzio generale, mi vergogno di essere un’intellettuale.
Silvia Noris
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(Silvia Noris – www.silvianoris.it)