Premessa: era il 2017 quando presi nota, nella mia lista «libri da leggere», di Verso un mondo multipolare. Il gioco di tutti i giochi nell’era Trump di Pierluigi Fagan (Fazi Editore, Roma 2017). Lo nominò, se non commetto possibilissimi errori di memoria, l’ex ambasciatore italiano in Cina Alberto Bradanini, intervistato dal compiano Giulietto Chiesa su Pandora TV. Lo confesso, la lista era lunga e la marmellata cognitiva degli anni covid era densa, ho letto questo libro interessante solo a inizio 2023. Ho fatto male, e questo è il mio modo di rimediare: riassumere una parte del testo in brevi geopillole. Non aggiungerò niente di mio, né dirò se sono d’accordo oppure no; sottolineo però, per contestualizzarlo meglio, che il libro è del 2017, quindi di molto precedente al 24 febbraio 2022 ma già successivo al 18 febbraio 2014.
GEOPILLOLA N°0
Il periodo storico in cui ci è toccato vivere è, purtroppo per noi, un’era complessa di transizione tra due epoche; è iniziata sottotraccia ma prosegue in modo sempre più chiaro e inquietante. Il nostro apparato cognitivo è però ancora abituato a un periodo storico, quello precedente da cui stiamo uscendo, più semplice. Fatica ad adattarsi al livello di complessità che si palesa all’orizzonte, con una conseguente scarsa capacità di comprensione e un senso di disorientamento profondo. Il pensiero non sta al passo coi tempi.
L’era che stiamo lasciando è quella iniziata tra il 1400 e il 1800, l’epoca moderna; ha avuto origine in Europa e si è espansa in un mondo che a inizio ‘900 contava 1,5 miliardi di persone, di cui 1/3 vivevano in Occidente. Le caratteristiche della modernità erano: l’importanza della razionalità a dispetto della fede, la nascita di Stati-nazione in competizione tra loro, lo sviluppo economico scollegato dall’economia di sussistenza, lo sviluppo tecnico-scientifico, l’espansione del dominio europeo nel mondo. Queste caratteristiche sono avanzate fino a convergere come corso coerente nel periodo catastrofico 1914-1945. Il non aver compreso in tempo che le condizioni stavano cambiando ed era necessaria una modifica sistemica ha portato al fallimento adattivo della forma europea dell’epoca moderna, conclusasi con le due guerre mondiali.
La modernità sopravvisse nella sua forma americana, con le stesse caratteristiche culturali di quella europea ma con un territorio più vasto. Gli USA hanno creano il sistema occidentale, che per 40 anni si è spartito con l’URSS il dominio del mondo. Al crollo di uno dei due poli non ci fu però una riconfigurazione complessiva del macrosistema, ma il polo rimasto semplicemente si espanse a tutto il globo, con una versione informale di impero, senza tenere in considerazione i cambiamenti nel frattempo sopravvenuti. Banalmente, ora siamo 7,5 miliardi di cui solo 1/10 occidentali.
Oggi ci troviamo dunque nel periodo in cui un nuovo sistema si sta delineando, con condizioni esterne del tutto nuove, e il continuare a pensare e comportarsi come se fossimo ancora nell’epoca precedente porta a un disallineamento e a un catastrofico fallimento adattivo.
GEOPILLOLA N°1
Con era complessa si intende un’epoca in cui si intrecciano numerosi elementi con interrelazioni non lineari tra loro. Come negli organismi viventi, in cui esiste una progressione cellula-tessuto-organo-organismo-individuo-popolazione-civiltà, le parti che entrano in relazione tra loro in forma di unità (che ha più coerenza interna rispetto all’esterno) si costituiscono come sistema. I sistemi sono aperti, in relazione tra loro e con l’ambiente, e danno origine a sistemi emergenti di livello superiore di complessità, con proprietà diverse dalla somma delle parti di cui sono composti.
Per quanto riguarda la geopolitica, uno di questi elementi è la densità di popolazione, aumentata esponenzialmente negli ultimi 50 anni insieme al suo impatto ecologico. Parallelamente è cresciuto il numero degli Stati, da 50 negli anni ’50 ai più di 200 attuali; ognuno in relazione agli altri, tutti in competizione per spazio e risorse. Tutti impegnati a mantenere un delicato equilibrio tra ordine interno e disordine esterno. Il sistema di interrelazione tra loro è economico, nella forma capitalistica che si è sviluppata sul presupposto espansionistico prima europeo e poi americano.
Gli studiosi che considerano questo sistema come “naturale” cercano una legge di funzionamento interna, senza considerare la dipendenza strutturale dall’esterno. Per il sistema capitalistico sottomettere il mondo intero era necessario, per generare e mantenere il sistema stesso e l’ordine interno, ma sembra aver raggiunto il limite massimo di espansione. Si prospetta di nuovo un fallimento adattivo, nel momento in cui si continua a ragionare come se le condizioni strutturali fossero le stesse di quando il sistema economico è sorto. La superiorità occidentale non è più così tale in diversi ambiti, il declino materiale e culturale preannuncia una grande crisi sistemica, fatta di tante piccole crisi (finanziaria, ambientale, demografica, politica, ecc.).
Non solo il sistema capitalistico è un frutto storico, da contestualizzare nello spazio e nel tempo, ma il nostro stesso sistema di pensiero lo è. Non si intende con questo la religione o le tradizioni, ma i presupposti concettuali impliciti: democrazia liberale, economia di mercato, competizione, potere tecnico-scientifico, ecc. Tutto questo, insieme alla stessa nostra rappresentazione del mondo, non è una verità naturale e a-storica ma ha avuto origine nel diciannovesimo secolo, quando però il mondo era tutta un’altra cosa. È ora necessaria, poiché siamo in una transizione di fase, una riorganizzazione delle relazioni tra le parti. Purtroppo, il mondo accademico ha favorito una specializzazione e suddivisione del sapere tale da far perder agli intellettuali lo sguardo ampio necessario alla comprensione.
La nostra tradizione culturale, fatta di riduzionismo e determinismo, non attenta alle relazioni tra le parti e incurante del limite, si sopravvaluta e ci tradisce. Ci accorgeremo troppo tardi che i nostri modi di pensare sono storici.