Premessa: era il 2017 quando presi nota, nella mia lista «libri da leggere», di Verso un mondo multipolare. Il gioco di tutti i giochi nell’era Trump di Pierluigi Fagan (Fazi Editore, Roma 2017). Lo nominò, se non commetto possibilissimi errori di memoria, l’ex ambasciatore italiano in Cina Alberto Bradanini, intervistato dal compiano Giulietto Chiesa su Pandora TV. Lo confesso, la lista era lunga e la marmellata cognitiva degli anni covid era densa, ho letto questo libro interessante solo a inizio 2023. Ho fatto male, e questo è il mio modo di rimediare: riassumere una parte del testo in brevi geopillole. Non aggiungerò niente di mio, né dirò se sono d’accordo oppure no; sottolineo però, per contestualizzarlo meglio, che il libro è del 2017, quindi di molto precedente al 24 febbraio 2022 ma già successivo al 18 febbraio 2014.
GEOPILLOLA N°2
Il concetto di potenza rappresenta l’insieme delle capacità di difesa, di offesa e la reputazione (interna ed esterna) di uno Stato, definito come unità politica territoriale.
Le relazioni tra Stati-potenza possono essere di equilibrio tra competizione e cooperazione, il cosiddetto equilibrio di potenza, in cui c’è una ricerca di supremazia (in campo economico, tecnologico, militare o propagandistico) ma i conflitti non sono manifesti e si costruiscono alleanze strategiche.
Il risultato dell’equilibrio è un sistema ordinato; quello seguito al periodo di disordine conclusosi nel 1945 è detto “ordine mondiale”, con il bipolarismo USA-URSS. Dopo la caduta dell’URSS abbiamo visto un breve ordine monopolare a guida USA, che sta ora per lasciare il campo a un nuovo ordine, stavolta multipolare. Non sappiamo ancora se sarà un equilibrio di potenza o se sarà di tipo egemonico. Il concetto di egemonia è stato introdotto da Gramsci ed è associato in geopolitica a quello di sfera di influenza, inteso come potenza diffusa di uno Stato al centro di un polo. Wallerstein parla di sistema con un centro (di economia politica), che ha relazioni con una semiperiferia (parzialmente fuori dalla circolazione economica) e con una periferia (da cui attingere risorse e mano d’opera e dove collocare l’eccesso di produzione). I ruoli di centro e di periferia sono entrambi funzionali al mantenimento del sistema stesso, ciò spiega perché è così difficile emanciparsi dal ruolo di periferia. Secondo Waltz la rottura di un equilibrio di potenza porta inevitabilmente alla guerra.
La geopolitica può essere definita come lo studio dei fatti politici che derivano dalla geografia e a loro volta la influenzano, o anche come lo studio dell’influenza della geografia sulla politica estera, o anche come lo studio della competizione per un territorio conteso. I soggetti geopolitici sono gli Stati, ma anche enti sovranazionali, e la rivalità non è solo geografica, ma strategica in senso più ampio. Gli elementi da considerare sono: posizione, dimensione, conformazione, demografia, risorse, clima, ecc. I confini risultano più stabili quando le tracce storico-politiche coincidono con quelle geografiche.
La geopolitica come disciplina è nata a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Mackinder elaborò a inizio ‘900 la teoria che distingue le potenze di mare da quelle di terra, da cui proviene il concetto di Eurasia (terra) in contrapposizioni alle isole (Gran Bretagna, Nord America, Giappone, ecc.: mare). I popoli anglosassoni rappresentano inoltre una prospettiva ideologica di espansione del mercato economico come forma di dominio sul mondo, presupponendo che il dominio del mercato sia in opposizione a quello politico dello Stato, attualmente che quello della finanza prevalga su quello del commercio. Per quanto riguarda la Germania, le teorizzazioni sulla geografia vennero contaminate dall’ideologia nazista e permane ancora un rifiuto ad occuparsene. La visione occidentale, in generale, tende all’astrazione idealista e, per paura che richiami la storia nefasta del ‘900 sconfinando nel nazionalismo e nel conservatorismo, rifugge l’idea di Stato e di sovranità. Senza considerare che l’idea dell’economia di mercato, libera, è letta come naturale e non come espressione degli interessi anglosassoni; l’ideologia viene travestita da scienza. Il marxismo, critico verso questa idea di mercato, si focalizzava però sulle classi e non sugli Stati e ignorava la geografia.
Chi sostiene che gli Stati non contino più nulla e che ci siano nuovi reti globali a-territoriali, non considera che queste si sovrappongono agli Stati e che spesso sono gestite dagli Stati più potenti per esercitare la loro influenza. La geopolitica è per definizione sistemica e quindi affine alla teoria della complessità. Essa stessa è un prodotto storico, correlato ad intenti ideologici veicolati dall’informazione e dalla formazione.
GEOPILLOLA N°3
Nello studio degli eventi storici collocati nello spazio si sovrappongono tre tempi: quello quasi immobile della geografia, quello lento delle civiltà e società, quello veloce degli eventi. Non è possibile pensare senza utilizzare strutture cognitive culturali, socio-storicamente determinate da tutti e tre i livelli temporali. Gli Stati vengono intesi come entità complesse con una coerenza interna e un’intenzionalità.
Ogni Stato ha una pretesa di potenza, che può essere modesta se le loro questioni geopolitiche si giocano nella corona degli stati vicini; media se le questioni si giocano nella corona della media distanza, usando i vicini come controllo intermedio. Con la pretesa di potenza massima l’area di interessi geopolitici equivale alla maggior parte del mondo. Gli altri sono visti come amici, neutrali o nemici. Questi interessi globali si concretizzavano, in passato, nell’imperialismo diretto e nel colonialismo attivo, mentre ora assumono forme indirette della manipolazione (economica, politica, culturale) e delle alleanze subordinate.
Una delle logiche sottostanti può essere riassunta con: il vicino è mio nemico, il nemico del nemico è mio amico. Secondo Schmitt lo Stato si può definire solo attraverso la definizione di un nemico, l’altro è quindi una minaccia esistenziale. La seconda logica sottostante è quella del divide et impera di origine greco-romana, usata dallo Stato Pontificio (coi piccoli stati italiani da contrapporre tra sé e la corona esterna), dall’Impero Britannico (per evitare che il continente europeo potesse scalzare la sua egemonia), dagli Usa (Jugoslavia, Siria, Iraq, Africa, Eurasia).
Gli aspetti economici, militari, culturali e religiosi possono essere usati gli uni contro gli altri, a seconda del bisogno. In voga nell’ultimo periodo è la geopolitica dei diritti umani, secondo cui chi non li rispetta è nemico naturale dell’umanità (e non degli interessi di una potenza specifica). L’Unione europea da questo punto di vista non sembra essere un soggetto geopolitico (del resto gli USA potrebbero non avere interesse che lo sia) perché la sovranità militare è delegata alla Nato. Oggi il centro del mondo, dal punto di vista geopolitico, è spostato verso l’Asia e questo provoca una diminuzione delle possibilità egemoniche occidentali.
Per approccio realista, in opposizione a quello idealista, nelle relazioni internazionali si intende un’analisi dei fatti che predilige aspetti legati all’espressione di potenza e all’interessi degli Stati piuttosto che a quelli sovrastrutturali, etici e ideali. La prospettiva realista, agli occhi (emotivi e cognitivi) delle persone comuni, è troppo dissonante dalla narrazione di sé e del mondo fatta di etica ed estetica; le persone tendono a rifiutare la realtà presentata in questi termini. L’umanità non può sopportare troppa realtà, sarebbe uno shock, e allora meglio fare qualsiasi contorsione pur di rendere la realtà coerente alla nostra illusoria narrativa valoriale, cui crediamo davvero. Avere un approccio realista significa sfidare la fatica cognitiva con l’obiettivo di un migliore adattamento alla realtà e ai suoi mutamenti.
L’approccio idealista, di contro, tende a raccontare l’interesse come necessità, il nazionale come universale, il soggettivo come falso oggettivo. La prospettiva adattiva si deve occupare di capire il presente (frutto di un passato molto lontano) e avere un’idea strategica del futuro (i prossimi 30 anni) prevedendo la natura non lineare degli eventi, consapevoli che una certa soggettività è ineliminabile.
GEOPILLOLA N°4
La potenza interna di uno Stato rappresenta il suo ordine interno e la sua stabilità. Le civiltà storiche sono: indosinica, centro-eurasiatica, arabo-islamica, europea-anglosassone, andina, africana. Taiwan, Israele e Corea del Nord sono in una posizione delicata che ne aumenta l’importanza. Oltre ai paesi ci sono le religioni (cristianesimo + islam = 50% popolazione), gli enti non governativi e quelli transnazionali (Nazioni Unite, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale, OCSE, ecc.), le alleanze militari o commerciali. Con ordine mondiale si intende l’insieme delle regole invisibili che governano le relazioni tra essi, ed è di solito stabile e prevedibile, a parte i periodi di transizione e disordine.
L’Impero Britannico ha controllato 1/4 del mondo e 1/5 della popolazione. Dopo le guerre mondiali c’è stato l’avvento dell’ordine bipolare USA-URSS, successivamente al 1991 quello monopolare USA, simile alla fase britannica. Ora il sistema si sta dividendo in più poli, un nuovo ordine multipolare, ed è la prima volta che si crea una configurazione simile e così decentrata rispetto a quella europea/occidentale.
Gli Usa hanno avuto 70 anni di potere, ora c’è un competitore credibile: la Cina, che non intende sostituire gli USA nel dominio planetario né rivestire il ruolo di secondo polo (sostituendo l’URSS). Si propone come capofila regionale in un ordine diffuso orientato all’Eurasia. Se Europa, Russia e Cina si saldassero in un unico sistema, come la geografia suggerisce, sarebbero il sistema centrale del nuovo ordine (col 70% della popolazione) e gli USA sarebbero satellitari rispetto a questo centro, privi delle condizioni grazie alle quali hanno prosperato. I prossimi anni (dal 2017, ndr) vedranno gli Stati Uniti lottare per evitare questa saldatura. Molti segnali di turbamento (Siria, Isis, Brexit, bolle finanziarie, ecc.) mettono in dubbio i nostri standard di vita. La posta in gioco è alta, ha a che vedere con il benessere e la sicurezza, perché i soggetti coinvolti sono tanti, come mai prima.
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